uri:/?q=it/archive/estate-1944/3886 filename=index.html@q=it%2Farchive%2Festate-1944%2F3886.html page=archive/estate-1944/3886 Estate 1944 | Mémoires de guerre

Vous êtes ici

Estate 1944

Autore : 
LE BAS Julien
Racconto raccolto da Etienne Marie-Orléach
edizione critica, presentazione e note di Etienne Marie-Orléach

Julien Le Bas ha vent’anni nel 1944 ed abita a Saint-Lô. Cinquantacinque anni dopo redige questa testimonianza.

PRELIMINARI

Eccetto alcune bombe tedesche cadute nel paesino di Villeneuve, sulla strada per Torigni-sur-Vire, nel 1940, e due bombe incendiarie inglesi che, nel 1941 o 1942, avevano distrutto due case in rue de la Marne1Poco dopo il loro arrivo a Saint-Lô, le truppe d’occupazione organizzarono, il 12 agosto 1940, una cerimonia nel teatro della città. Londra, probabilmente avvertita della manifestazione, inviò i suoi aerei. I missili incendiari non caddero però sull’obiettivo designato, bensì su alcune case in rue de la Marne e in rue des Menuyères., sentivamo la vicinanza della guerra solamente alla vista delle squadriglie alleate che andavano in missione o ritornavano.

LO SBARCO

Con lo sbarco sulle nostre spiagge tutta la regione si ritrova d’un tratto in prima linea e Saint-Lô diventa un obiettivo militare di primaria importanza2Per spiegare l’importanza strategica di Saint-Lô, citiamo la testimonianza di Bernard Henry, residente nei dintorni della città. Osservando la cartina, egli nota: «Improvvisamente, come un lampo, la spaventosa realtà mi attraversò il pensiero. La città in cui abitavo sembrava un ragno piazzato al centro della sua ragnatela – una ragnatela i cui fili rappresentavano le sei strade che vi convergevano, sei strade che, da un momento all’altro, potevano diventare arterie strategiche di primaria importanza […]. La città, e forse anche altre con lei, avrebbe pagato cara la Liberazione tanto attesa, sarebbe morta perché altre città francesi potessero continuare a vivere. Questo snodo stradale doveva sparire, diventare una barriera, un ostacolo per ritardare i rinforzi motorizzati tedeschi nella loro corsa verso la testa di ponte. La catastrofe che si era scatenata così brutalmente, alle 8, non era che un sinistro avvertimento. Il peggio doveva ancora arrivare…» (B. HENRY, Un ermite en exil, Paris, A. Fayard, 1947, p. 42-43)..

La sera del 5 giugno, mentre udiamo un rumore insolito, simile a un rullo di tamburi, che proviene dalle coste del Calvados, subiamo il primo serio attacco aereo.

Doveva essere circa mezzanotte, le batterie della contraerea, sparpagliate intorno alla città, si misero a sparare contro un aereo che riuscimmo a vedere solo nel momento in cui, colpito da un proiettile, prese fuoco proprio sopra al teatro e si schiantò in prossimità di un casolare, non lontano dal ponte di Gourfaleur.

Ecco le prime orrende visioni di una battaglia che ce ne avrebbe riservate molte altre: un casolare incendiato dal quale madre e figli furono tratti in salvo per miracolo e i resti carbonizzati degli aviatori ridotti alle dimensioni di corpi di bambini.

La giornata del 6 giugno sarebbe stata molto movimentata. La centrale elettrica di Agneaux3Questa centrale elettrica, poiché alimenta buona parte del territorio della Manche, è un punto nevralgico. Quattro aerei americani si occupano di distruggerla la mattina del 6 giugno. e la stazione erano attaccate in picchiata dai cacciabombardieri. Dalla rue Valvire, in cui lavoravo, ho assistito a quest’azione aerea molto da vicino. Gli aerei scendevano in picchiata sulla stazione, sganciavano le bombe sopra le nostre teste e nello stesso tempo subivano il fuoco della contraerea posizionata sul tetto della scuola superiore femminile, sulla strada di Carentan. Il complesso ferroviario era diventato inutilizzabile.

Nel pomeriggio, i primi prigionieri americani arrivarono alla Feldkommandantur4La Feldkommandantur è il nome dato alla sede provinciale dell’amministrazione tedesca. Così a Saint-Lô è presente la FK 722, a Caen la FK 723 e a Alençon la FK 916.: erano paracadutisti della regione di Sainte-Mère-Église, uomini alti e robusti, dai volti imbrattati di nero, vestiti con un equipaggiamento per noi del tutto nuovo.

La gioia e l’inquietudine già si avvicendavano: lo Sbarco sarebbe riuscito? Che cosa sarebbe successo adesso? Quale sarebbe stato il nostro destino?

La guerra di liberazione, che noi invocavamo con tutto il cuore, non era riservata al Nord della Francia, porta d’accesso dell’Inghilterra? No, era stata scelta la Bassa Normandia.

Verso le 19 e 30, nel bar dei miei genitori, un soldato tedesco, reduce del 1914, dopo aver bevuto il solito bicchierino di «calvà»5 Grappa di sidro di mele che prende il proprio nome, qui familiarmente apocopato, dalla sua stessa zona geografica di produzione, il calvados: situato nella Bassa Normandia, il Calvados ha come capoluogo la città di Caen [NdT]., ci disse uscendo: «Americani bum bum, grande sventura». Non ci restava che una mezz’ora di tranquillità!

I BOMBARDAMENTI

Stavamo per sederci a tavola intorno alle ore 20 quando la mia attenzione fu attirata da un ronzio di aerei. In pochi secondi tutta la famiglia era fuori a scrutare il cielo. Al di sopra dei grandi faggi vedemmo presto apparire due formazioni di fortezze volanti che venivano da Est ad altissima quota. Due razzi bianchi si staccarono dall’aereo di testa, subito furono sganciate le bombe.

Dapprima piccoli punti neri, divennero sempre più grosse a vista d’occhio, cadendo di sbieco con un frastuono spaventoso verso il centro della città. Ero pietrificato! Non potevo distogliere lo sguardo da quella massa di cupi rimbombi e restavo in piedi malgrado gli ordini paterni e le elementari regole di sicurezza. Ci fu un fracasso orribile seguito da una nube di polvere così spessa che dalla parte più alta della rue du 80ème era impossibile vedere la città6La rue du 80ème RIT, strada che esiste ancora oggi a Saint-Lô, porta il nome dell’80° Reggimento di Fanteria Territoriale (RIT è l’acrostico di Régiment d’Infanterie Térritoriale). Durante la Prima Guerra mondiale, questo reggimento accolse gli uomini che, avendo un’età tra i 34 e i 49 anni, erano considerati troppo vecchi per essere inviati in prima linea..

La gente inebetita correva in tutti i sensi, cercando le luci e gridando la sua angoscia, incapace di rendersi conto del disastro.

Ci giungeva quasi subito la notizia che una famiglia di vicini era rimasta seppellita in una trincea consolidata col cemento, che un’altra era stata annientata da una bomba caduta in mezzo alla sala da pranzo. Era questione sotto le macerie solamente di feriti, di prigionieri vivi o morti. Alcune case erano in preda alle fiamme. In pochi istanti una città pacifica era in parte distrutta.

Non era più il tempo della gioia e della speranza, ma della disperazione e dell’annientamento. La guerra era arrivata fin da noi, crudele, disumana, spaventosamente brutta.

I bombardamenti riprendevano verso le 22 o le 23 in modo molto intenso. La notte fu terribile. In qualunque posto ci si mettesse al riparo, nessun luogo era sicuro. Descrivere l’angoscia che ci attanagliava è impossibile, la morte era presente dappertutto ed evitare il peggio era solo una questione di fortuna.

Dopo i bombardamenti delle 20 avevamo abbandonato la nostra casa e trovato rifugio nel casolare della Ferronnière, dove fummo accolti in uno degli edifici del podere da persone di Cherbourg sfollate a Saint-Lô da qualche mese. Credendo che mia madre e gli altri familiari sopravvissuti al primo bombardamento fossero ormai al sicuro, partivo7Spesso il narratore utilizza un imperfetto laddove, secondo le regole, occorrerebbe invece un passato remoto per indicare azione puntuale e definitivamente conclusa. L’imperfetto si utilizza nella narrazione al passato per descrivere luoghi e persone, azioni abituali o ripetitive oppure inscritte nella durata. L’uso strano dell’imperfetto nel racconto di Le Bas è sintomatico della difficoltà provata dal narratore a girare definitivamente la pagina del passato: i ricordi di guerra sono ancora troppo vivi nella sua memoria, sempre attuali. alla ricerca degli altri parenti di cui non avevamo notizie. Invece, durante il secondo bombardamento, contrariamente a qualsiasi previsione, quel rifugio rischiò di rivelarsi per loro fatale. Come poi raccontarono: «i muri sembravano aprirsi e il pavimento traballava sotto i piedi, l’edificio poteva crollare in qualsiasi momento». Terminato il bombardamento a tappeto, lasciammo dunque quel casolare per cercare riparo nei sentieri incassati tra i campi.

Mio padre, membro della difesa passiva8La Difesa Passiva (DP) è un’organizzazione creata durante la guerra per garantire la protezione dei civili. Nella fase successiva allo Sbarco, tale difesa si occupa soprattutto degli sfollati, organizza l’esodo dei civili ed assicura l’approvvigionamento alimentare., era stato colto da quel bombardamento mentre tentava, insieme ad alcuni vicini, di liberare una famiglia rimasta imprigionata in una trincea, ma lo sforzo fu vano perché era impossibile sollevare la spessa lastra di calcestruzzo che la ricopriva. Disteso poi lungo l’argine di un sentiero, mio padre sentì d’un tratto un peso sulla schiena: era il suo cane da caccia che gli si era accovacciato sopra, come per proteggerlo.

Sempre alla ricerca di parenti, mi trovavo all’altezza dei cinque sentieri quando cominciò il terzo bombardamento. Fin dalle prime bombe mi precipitavo a terra. Quando mi rialzai, vidi che ero finito in un cespuglio di rovi, non mi ero neanche accorto delle punture degli spini. Dopo aver ritrovato il gruppo familiare della Ferronnière, passavamo il resto della notte nei sentieri incassati. Il cielo era illuminato da numerosi incendi. Rannicchiati su noi stessi, eravamo intirizziti, silenziosi, sfiniti dalle emozioni e attanagliati dalla paura. Malgrado tutto, dopo il terzo attacco, stringendomi contro un argine, ho dormito fino all’alba.

L'ESODO9I bombardamenti gettano migliaia di abitanti della Bassa Normandia sulle strade dell’esodo. Per tutta l’estate, vie e sentieri saranno presi d’assalto dagli sfollati che, costretti o meno, fuggono dal campo di battaglia. Per qualche giorno o settimana, lo sfollamento li conduce in zone lontane dai combattimenti. Dormire in una cantina, in un capannone o in una stalla diventa normale, e la situazione alimentare non è delle migliori, malgrado la «solidarietà» dimostrata loro dagli agricoltori incontrati. Il 6 e il 7 giugno numerose città sono devastate. La popolazione, in genere colta di sorpresa, prende da sola l’iniziativa di allontanarsi dai centri urbani, di fuggire in campagna. Ma un secondo motivo la spinge a sfollare nell’estate del 1944: l’angoscia dell’attesa legata al progressivo avvicinarsi dei combattimenti. Un’ultima causa deve essere menzionata per spiegare tale esodo. I tedeschi, preoccupati di disporre del più ampio margine di manovra, ordinano alle popolazioni civili di andarsene. Man mano che ripiegano, le forze tedesche spingono quindi gli abitanti della Bassa Normandia sulle strade dell’esodo. La maggior parte dei civili abbandona il proprio domicilio perché vi è costretta e l’esodo riguarda migliaia di persone. Si spostano intere famiglie portando via pochissime cose, a piedi o con carrozze a cavallo. Molti sfollati seguono gli itinerari già in precedenza definiti dalle autorità di Vichy. Nella Manche saranno istituiti tre itinerari che conducono sia verso l’Ille-et-Vilaine che verso la Mayenne. Julien Le Bas percorre l’inizio dell’«itinerario centrale».

Sainte-Suzanne-sur-Vire

Dopo aver lasciato Saint-Lô la mattina presto seguendo i sentieri incassati, arrivavamo al casolare Coispel a Sainte-Suzanne-sur-Vire. Lì saremmo dovuti rimanere all’incirca un mese. Ritornavamo spesso a Saint-Lô e andavamo alla stazione per raccogliere, nei vagoni squarciati, qualche derrata destinata in origine alle truppe d’occupazione. Per accedere alla città bisognava riprendere gli stessi sentieri già percorsi nell’esodo. Avevamo potuto così constatare, con grande stupore, che ogni posto in cui avevamo sostato un po’ durante la notte era stato bombardato: l’intuizione femminile, o l’estrema paura delle donne, che ci aveva fatto andare sempre più lontano in aperta campagna, ci aveva salvato la vita.

La campagna vicina alla città era letteralmente sarchiata dai crateri delle bombe e quest’ultima era solo un ammasso di macerie fumanti. In quella desolazione incontravo il Signor Lavalley e la sua famiglia. Fu con gioia che accettò la bottiglia di «Byrrh10Vino da aperitivo, aromatizzato.» che avevo appena recuperato nella cantina dei miei genitori. Ne avevo conservata una per festeggiare il mio ventesimo compleanno il 9 giugno.

Per una decina di giorni abbiamo vissuto in quel casolare con una sezione di paracadutisti tedeschi11Situata a pochi chilometri a sud di Saint-Lô, Sainte-Suzanne-sur-Vire diventa rapidamente una posizione difensiva per i tedeschi, un autentico posto d’osservazione per poter rilevare i movimenti delle truppe nemiche. Tutte queste posizioni di difesa permettono ai tedeschi di contenere le forze alleate. che combattevano nei dintorni di Saint-Lô. Dopo qualche giorno di riposo ripartivano per il fronte dove infuriava una dura battaglia. Da un casolare vicino alla strada per Torigni, assistevamo ai tiri dell’artiglieria americana sul bosco del Soulaire. Di fronte all’intensità di quei bombardamenti, non ci stupivamo di veder tornare pochi sopravvissuti che riportavano divise usate da altri soldati. Le donne del nostro gruppo erano invitate a lavarle nel lavatoio del casolare, lavoro duro e sgradevole poiché si trattava di uniformi macchiate di sangue e spesso con brandelli di carne.

Una mattina, al ritorno dal fronte, improvvisarono una cerimonia davanti a due corpi distesi per terra e ricoperti da un telo. Di fronte alla salma del loro tenente, la cui testa era staccata dal busto, abbiamo visto quei robusti e temibili uomini, commossi, trattenere le lacrime e rendere omaggio al loro capo che nei giorni precedenti avevamo conosciuto. I sopravvissuti partirono definitivamente una sera, pochi giorni dopo venivano lanciate le prime granate americane sul quel paesino.

Siccome avevamo preso la decisione di dirigerci verso sud, partivo per Percy insieme a Léon con le biciclette di quelli che ci ospitavano, per preparare la successiva tappa dello sfollamento. Mentre percorrevamo in bicicletta le strade secondarie per evitare i mitragliamenti, una sentinella tedesca ci fermò ad un incrocio nei pressi di Moyon. Quando ci chiese i documenti d’identità, gli consegnai la mia tessera di atleta nazionale sbarrata con il tricolore. Dopo averci interrogato sulla meta e sullo scopo della spedizione, ci consigliò caldamente di prendere la strada in direzione di Villedieu. Al nostro arrivo a Percy fummo informati dell’arresto dei membri della rete PTT di Beaucoudray12 PTT è l’acronimo di Postes, Télégraphes et Téléphones [NdT]. Questa rete PTT, composta fondamentalmente da dipendenti delle Poste, si costituisce alla fine del 1940. Dallo spionaggio per gli alleati (informazioni sulle difese tedesche e sui movimenti delle truppe), la rete, a partire dal 5 giugno 1944, passa ai sabotaggi, in particolare delle installazioni telefoniche tedesche. È in un casolare situato nel comune di Beaucoudray che, il 14 giugno 1944, i tedeschi arrestano undici membri del gruppo di Resistenza delle PTT. Saranno fucilati il giorno dopo..

La nostra fortuna quel giorno era stata quella di aver avuto come interlocutore un tedesco che parlava correttamente il francese e che aveva deciso di trattarci con benevolenza.

Al ritorno, su quella strada importante che avevamo voluto evitare, assistemmo, dal fossato nel quale ci eravamo gettati, al mitragliamento di un veicolo tedesco che la precisione dei colpi aveva fatto esplodere. Il ritorno al casolare proseguì senza altri incidenti.

Percy

Mentre i combattimenti si avvicinavano al nostro settore, decidemmo di lasciare il casolare e di dirigerci verso Percy passando per la Chapelle-sur-Vire e Tessy-sur-Vire con le nostre carriole sovraccariche. Passammo la notte seguente in una casa situata a due chilometri da Tessy. Siccome quelli che normalmente vi abitavano preferivano dormire nella campagna circostante, ce l’avevano concessa per una notte. Dopo un eccellente riposo sulla paglia, riprendemmo la strada per Percy, dove restammo una quindicina di giorni.

Sistemati in una piccola catapecchia sulla collina meridionale, avevamo assistito a un combattimento aereo, circostanza abbastanza rara vista la quasi totale assenza dell’aviazione tedesca. La nostra posizione, in alto sulla collina, ci aveva permesso di scorgere in lontananza un numero insolito di aerei che lasciavano presagire un’operazione importante. (Si trattava dell’operazione «Cobra»13Impantanati in una «guerra delle siepi», gli strateghi americani intraprendono un’operazione per aprire un varco nella linea di difesa tedesca. Questa operazione, che comincia il 25 luglio 1944, ha come nome in codice «Cobra». Prima dell’attacco, gli alleati procedono con la solita strategia del bombardamento a tappeto.).

Quello stesso giorno, due squadriglie bombardarono la stazione di Villedieu e un casolare di Percy che serviva come deposito di munizioni e che era stato segnalato dalla Resistenza (informazione raccolta in seguito). Essendo ancora molto forte la paura dei bombardamenti, l’opportunità di un’ulteriore partenza fu subito evidenziata.

Bisognava andare verso il mare o sempre più verso il sud della Manche? Venne scelta la seconda soluzione.

Villedieu

Riprendevamo il nostro esodo con le carriole attraverso strade secondarie in direzione di Villedieu e, costretti ad aggirare la città, arrivavamo sulla strada per Sainte-Cécile. Eravamo allora avvistati da alcuni aerei alleati che, senza porsi troppe domande, iniziarono a scendere in picchiata sul nostro gruppo. Nel panico generale il fosso fu preso d’assalto, ognuno si proteggeva come meglio poteva. Il mitragliamento fu evitato per un pelo grazie al sangue freddo di uno dei nostri che in mezzo alla strada si mise a sventolare la camicia. Gli aerei raddrizzarono la traiettoria e scomparvero, con grande sollievo di tutti.

Chérence-le-Héron

Stanchi per le emozioni e la camminata, decidevamo di passare la notte a Chérence. Col permesso del sindaco, ci sistemammo nella sala usata per balli e spettacoli. Siccome però lui aveva rifiutato di darci un po’ di paglia, fummo costretti a dormire sul pavimento stesso del palcoscenico. Abituati ormai dal 6 giugno a vivere in mezzo ai disagi, si fece del nostro meglio per riposarci.

Arrivarono allora, in quel dormitorio esageratamente grande, degli sfollati provenienti dalla zona delle paludi. I loro carri erano così carichi che si poteva parlare di trasloco in piena regola. Fecero così poco rumore che dovemmo alzare la voce col rischio di venire alle mani14Espressione ironica: questi sfollati fecero in verità tanto rumore che…. La loro fatica non aveva niente a che vedere con la nostra, giacché erano le loro bestie da tiro che li trasportavano.

Dopo essere andati a letto tardi ed esserci addormentati con difficoltà per mancanza di qualsiasi comfort, fummo svegliati all’alba dagli aerei. Avevano preso come punto di riferimento i campanili del paesino per sorvegliare gli incroci e le strade in cui mitragliavano tutto ciò che si muoveva. Assistemmo quindi ad un balletto aereo stupefacente con un mitragliamento di soldati tedeschi che avevano avuto l’imprudenza di scendere dai loro veicoli.

Approfittando di una tregua riprendevamo il nostro vagare verso sud.

Saint-Nicolas-des-Bois

Ci presentammo al castello dove un centro di accoglienza, diretto dall’Abate Burnel, un prete originario di Saint-Lô che conoscevamo bene, aveva già visto passare molti altri concittadini.

Anche se non potevamo esservi ospitati, avevamo almeno potuto placare lì la nostra fame prima di ripartire per Brécey dove arrivavamo, percorrendo strade secondarie, nel tardo pomeriggio.

Brécey

I responsabili del centro15Tale centro non è situato a Brécey stesso ma nelle vicinanze. ci informarono che il nostro arrivo non era previsto e che saremmo dovuti andare a Brécey.

Ma alcuni amici calciatori decisero di aiutarci facendoci ottenere dei buoni pasto e un posto per dormire dalla Signora Guédon, la quale gentilmente ci offrì le camere del primo piano che erano tutte libere. Noi optavamo invece per la stalla che aveva il vantaggio di essere a pianterreno e dalla quale avremmo potuto sloggiare più velocemente se le circostanze si fossero presentate. La paura dei bombardamenti era ancora molto forte.

Per esempio, recandosi in paese per fare le provviste, Gaston e Michel erano colti di sorpresa da una salva di granate che, provenendo da Est, poteva essere soltanto tedesca. Siccome gli Alleati erano vicini a Brécey, si trattava con tutta probabilità di un tiro sbagliato!

Il nostro panettiere riceveva notizie dei combattimenti tramite la radio che aveva nascosto in un cantuccio del forno. Se per questo avevamo qualche informazione sulla battaglia in corso, ignoravamo tutto invece dei preparativi tedeschi nella regione.

La notizia dell’arrivo in paese degli americani si diffuse in un baleno, ma in realtà si trattava solamente di una pattuglia.

Mentre parlavo in giardino con Gaston, fummo sorpresi da una raffica di pallottole che ci fischiò nelle orecchie prima che potessimo ripararci, per reazione istintiva, dietro una colonna di granito: il pericolo però era già passato.

Impazienti di vedere gli Alleati avevamo deciso con Yvette di andare a Brécey, che si trovava a 500 metri dalla nostra dimora. Non avevamo fatto neanche cento metri che ci ritrovammo faccia a faccia con una sezione tedesca. Dopo aver risposto alla loro domanda, indicandogli la strada per Saint-Hilaire, ritornavamo di corsa nel luogo che ci ospitava senza più uscirne per tutta la giornata.

Il panettiere ci aveva trasmesso l’informazione udita alla radio del contrattacco tedesco di Mortain16Riunite le loro forze a Rancoudray, i tedeschi lanciano una controffensiva la mattina del 7 agosto 1944 con sette divisioni, di cui quattro Panzer. Questa operazione, detta «Lüttich» («Liegi»), ha come obiettivo quello di sfondare in direzione di Avranches e dividere così in due le linee americane, le quali continuano la loro penetrazione verso la Bretagna. Approfittando dell’effetto sorpresa e della nebbia, i tedeschi riescono a riconquistare Mortain. Ma qualche ora dopo, subentrato il sole alla nebbia, i cacciabombardieri alleati entrano in azione provocando seri danni alle linee tedesche. Il tentativo di contrattacco tedesco fallisce anche grazie all’arrivo di rinforzi americani., il cui scopo era quello di isolare i carri armati alleati i quali, dopo aver preso Avranches, controllavano il ponte di Pontaubault.

In mano agli americani da qualche giorno, Brécey poteva diventare un obiettivo importante per fermare le colonne di carri armati e di altri mezzi militari che scendevano veloci verso Saint-Hilaire. Rischiavamo quindi di ritrovarci nel bel mezzo della battaglia.

La proprietà della Signora Guédon era situata ai margini della valle del Sée, tra i ponti delle strade per Saint-Hilaire e Ducey.

In pochissimo tempo vi era stata allestita una pista d’atterraggio per aerei leggeri, la cui missione era di trasmettere informazioni all’artiglieria. La pista era così corta che uno di quegli aerei era finito col muso nel fiume.

Una mattina, in quel prato, venne sistemata una batteria di quattro cannoni che sparava senza sosta in direzione di Mortain. Di fronte all’intensità dei tiri non potevamo fare altro che compiangere quelli che li ricevevano, ne conoscevamo gli effetti per averli subiti, in piena notte, a Sainte-Suzanne.

Un cannone anticarro puntato verso la parte bassa della strada, e pronto ad opporsi alla minima incursione di carri nemici, aveva preso posizione davanti all’ingresso del nostro giardino, cosa che ci permise di tenere compagnia ai soldati servitori, ignorando volutamente il pericolo. I nostri nuovi amici si precipitarono a terra al passaggio di una squadriglia di aerei da caccia tedeschi. Noi non avevamo avuto il tempo di reagire ed eravamo rimasti in piedi.

Nel tardo pomeriggio scomparvero tutti in un batter d’occhio per non ritornare mai più.

Fu allora che in piena notte dovemmo subire un bombardamento dell’aviazione tedesca. Cosa voleva colpire? I ponti o la batteria d’artiglieria? Nonostante l’uso di razzi luminosi, il fallimento fu totale in quanto le bombe caddero nella valle del Sée, in pianura. Ancora una volta ci eravamo messi al sicuro quando ormai non c’era più pericolo. La notizia del fallimento della controffensiva di Mortain si diffuse in un baleno. Ci restava solo da acclamare i rinforzi che scendevano verso sud, non senza approfittare al volo dei loro lanci di sigarette, cioccolata e chewing-gums.

IL RITORNO A SAINT-LÔ

La disfatta tedesca di Mortain segnò la fine della battaglia nella Manche.

Ora che la Liberazione sembrava ormai definitiva, bisognava organizzare il ritorno a Saint-Lô. Se alcuni conoscevano già lo stato in cui era ridotta la loro casa, poiché era stata distrutta durante i bombardamenti del 6 giugno, noi che eravamo partiti lasciandola ancora integra, ci domandavamo in che stato fosse ridotta dopo la terribile battaglia per la presa della città.

Il nostro ritorno avvenne intorno al 20 di agosto. Fu molto più rapido e tranquillo che all’andata.

Un americano accettò di farci salire sul suo camion-GMC17Autocarro militare americano a trazione integrale (6x6). con le nostre carriole, dato che stava risalendo senza nessun carico verso Cherbourg, zona d’approvvigionamento degli eserciti alleati.

Se il territorio di Brécey – Villedieu era stato molto risparmiato, non si poteva dire lo stesso per quello che andava da Percy a Saint-Lô. Che visione apocalittica! Percy18I tedeschi, stretti nella morsa degli americani e della loro operazione Cobra, tentano di resistere nel paesino di Percy ma vi restano sempre più intrappolati. Dal 29 luglio al 2 agosto la battaglia infuria: tiri d’artiglieria e bombardamenti alleati riescono a liberare il paesino ma lo riducono un ammasso di macerie. e Villebaudon19Nell’impeto dell’operazione Cobra, e per impedire ai tedeschi di rinforzarsi, la 2a Divisione Blindata americana ha come obiettivo la presa di Villebaudon. Il borgo subisce i tiri violenti dell’artiglieria dal 27 al 28 luglio 1944., situate nell’ultima zona dei combattimenti, erano state danneggiate in modo devastante, si era svolta una feroce battaglia in quei borghi, giacché erano facilmente difendibili a causa delle colline circostanti. In questi due comuni si contarono numerose vittime fra i civili.

Per quanto riguarda Saint-Lô, bombardata fin dal 6 giugno e costretta a subire per un mese gli effetti devastanti della battaglia terrestre, era praticamente annientata. È dunque con una relativa soddisfazione che ritrovavamo la nostra casa distrutta solo al 50%.

Il primo lavoro fu quello di liberare le stanze che sembravano ancora abitabili portando via i calcinacci. Le finestre furono tappate con cartone catramato al posto dei vetri. Mio padre rimise a posto la forgia recuperando qua e là delle lamiere ed altri materiali sparsi per il cortile, fra cui alcuni attrezzi: in questo modo egli fu in grado di soddisfare molto rapidamente le richieste degli agricoltori che, dall’inizio dello sfollamento, non avevano potuto ferrare i cavalli.

Malgrado i disagi, eravamo al riparo ed è così che passiamo il duro inverno del ’44-’45. È in un simile ambiente, precario e aperto a tutte le intemperie, senza riscaldamento e senza vetri alle finestre, che mia madre si è dovuta curare, per due volte, una congestione polmonare.

OSSERVAZIONI

Mentre ogni giorno che passava ci rivelava il nome di nuove vittime, in generale di nostra conoscenza, noi reagivamo alla notizia senza particolari emozioni, quasi nell’indifferenza.

Era il fatto di essere scampati più volte alla morte che ci aveva traumatizzati a tal punto da rinunciare a ogni forma di compassione? Noi eravamo vivi, tutto il resto ci sembrava secondario.

La liberazione che aspettavamo da 4 anni l’avevamo immaginata in modo gioioso, convinti che l’inevitabile sbarco avrebbe avuto luogo lontano dalle nostre coste.

Eravamo così poco preparati a vivere una tale esperienza, che non avevamo mai pensato a una simile carneficina di civili e militari. Tutti quei morti, quei mutilati spesso a vita, quelle distruzioni massicce, erano militarmente indispensabili? La questione rimane ancora aperta 50 anni dopo.

Nonostante tutto, la vita è ricominciata poco a poco, poiché per venti anni abbiamo dovuto vivere in una città in piena ricostruzione. Il trauma è rimasto vivo per molto tempo e il ricordo non si è affievolito, al punto che questo racconto è frutto della memoria e non di una testimonianza scritta.

Le famiglie di Léon Le Bas, Charles Le Bas e Gaston Le Lévrier hanno vissuto questa tragedia senza incontrare nemmeno un ostacolo, giacché la fortuna non li ha mai abbandonati.

Un omaggio particolare è rivolto a nostro cugino René, la cui forza e il cui coraggio ci furono molto preziosi durante tutto il nostro pericoloso girovagare.
  • 1. Poco dopo il loro arrivo a Saint-Lô, le truppe d’occupazione organizzarono, il 12 agosto 1940, una cerimonia nel teatro della città. Londra, probabilmente avvertita della manifestazione, inviò i suoi aerei. I missili incendiari non caddero però sull’obiettivo designato, bensì su alcune case in rue de la Marne e in rue des Menuyères.
  • 2. Per spiegare l’importanza strategica di Saint-Lô, citiamo la testimonianza di Bernard Henry, residente nei dintorni della città. Osservando la cartina, egli nota: «Improvvisamente, come un lampo, la spaventosa realtà mi attraversò il pensiero. La città in cui abitavo sembrava un ragno piazzato al centro della sua ragnatela – una ragnatela i cui fili rappresentavano le sei strade che vi convergevano, sei strade che, da un momento all’altro, potevano diventare arterie strategiche di primaria importanza […]. La città, e forse anche altre con lei, avrebbe pagato cara la Liberazione tanto attesa, sarebbe morta perché altre città francesi potessero continuare a vivere. Questo snodo stradale doveva sparire, diventare una barriera, un ostacolo per ritardare i rinforzi motorizzati tedeschi nella loro corsa verso la testa di ponte. La catastrofe che si era scatenata così brutalmente, alle 8, non era che un sinistro avvertimento. Il peggio doveva ancora arrivare…» (B. HENRY, Un ermite en exil, Paris, A. Fayard, 1947, p. 42-43).
  • 3. Questa centrale elettrica, poiché alimenta buona parte del territorio della Manche, è un punto nevralgico. Quattro aerei americani si occupano di distruggerla la mattina del 6 giugno.
  • 4. La Feldkommandantur è il nome dato alla sede provinciale dell’amministrazione tedesca. Così a Saint-Lô è presente la FK 722, a Caen la FK 723 e a Alençon la FK 916.
  • 5. Grappa di sidro di mele che prende il proprio nome, qui familiarmente apocopato, dalla sua stessa zona geografica di produzione, il calvados: situato nella Bassa Normandia, il Calvados ha come capoluogo la città di Caen [NdT].
  • 6. La rue du 80ème RIT, strada che esiste ancora oggi a Saint-Lô, porta il nome dell’80° Reggimento di Fanteria Territoriale (RIT è l’acrostico di Régiment d’Infanterie Térritoriale). Durante la Prima Guerra mondiale, questo reggimento accolse gli uomini che, avendo un’età tra i 34 e i 49 anni, erano considerati troppo vecchi per essere inviati in prima linea.
  • 7. Spesso il narratore utilizza un imperfetto laddove, secondo le regole, occorrerebbe invece un passato remoto per indicare azione puntuale e definitivamente conclusa. L’imperfetto si utilizza nella narrazione al passato per descrivere luoghi e persone, azioni abituali o ripetitive oppure inscritte nella durata. L’uso strano dell’imperfetto nel racconto di Le Bas è sintomatico della difficoltà provata dal narratore a girare definitivamente la pagina del passato: i ricordi di guerra sono ancora troppo vivi nella sua memoria, sempre attuali.
  • 8. La Difesa Passiva (DP) è un’organizzazione creata durante la guerra per garantire la protezione dei civili. Nella fase successiva allo Sbarco, tale difesa si occupa soprattutto degli sfollati, organizza l’esodo dei civili ed assicura l’approvvigionamento alimentare.
  • 9. I bombardamenti gettano migliaia di abitanti della Bassa Normandia sulle strade dell’esodo. Per tutta l’estate, vie e sentieri saranno presi d’assalto dagli sfollati che, costretti o meno, fuggono dal campo di battaglia. Per qualche giorno o settimana, lo sfollamento li conduce in zone lontane dai combattimenti. Dormire in una cantina, in un capannone o in una stalla diventa normale, e la situazione alimentare non è delle migliori, malgrado la «solidarietà» dimostrata loro dagli agricoltori incontrati. Il 6 e il 7 giugno numerose città sono devastate. La popolazione, in genere colta di sorpresa, prende da sola l’iniziativa di allontanarsi dai centri urbani, di fuggire in campagna. Ma un secondo motivo la spinge a sfollare nell’estate del 1944: l’angoscia dell’attesa legata al progressivo avvicinarsi dei combattimenti. Un’ultima causa deve essere menzionata per spiegare tale esodo. I tedeschi, preoccupati di disporre del più ampio margine di manovra, ordinano alle popolazioni civili di andarsene. Man mano che ripiegano, le forze tedesche spingono quindi gli abitanti della Bassa Normandia sulle strade dell’esodo. La maggior parte dei civili abbandona il proprio domicilio perché vi è costretta e l’esodo riguarda migliaia di persone. Si spostano intere famiglie portando via pochissime cose, a piedi o con carrozze a cavallo. Molti sfollati seguono gli itinerari già in precedenza definiti dalle autorità di Vichy. Nella Manche saranno istituiti tre itinerari che conducono sia verso l’Ille-et-Vilaine che verso la Mayenne. Julien Le Bas percorre l’inizio dell’«itinerario centrale».
  • 10. Vino da aperitivo, aromatizzato.
  • 11. Situata a pochi chilometri a sud di Saint-Lô, Sainte-Suzanne-sur-Vire diventa rapidamente una posizione difensiva per i tedeschi, un autentico posto d’osservazione per poter rilevare i movimenti delle truppe nemiche. Tutte queste posizioni di difesa permettono ai tedeschi di contenere le forze alleate.
  • 12. PTT è l’acronimo di Postes, Télégraphes et Téléphones [NdT]. Questa rete PTT, composta fondamentalmente da dipendenti delle Poste, si costituisce alla fine del 1940. Dallo spionaggio per gli alleati (informazioni sulle difese tedesche e sui movimenti delle truppe), la rete, a partire dal 5 giugno 1944, passa ai sabotaggi, in particolare delle installazioni telefoniche tedesche. È in un casolare situato nel comune di Beaucoudray che, il 14 giugno 1944, i tedeschi arrestano undici membri del gruppo di Resistenza delle PTT. Saranno fucilati il giorno dopo.
  • 13. Impantanati in una «guerra delle siepi», gli strateghi americani intraprendono un’operazione per aprire un varco nella linea di difesa tedesca. Questa operazione, che comincia il 25 luglio 1944, ha come nome in codice «Cobra». Prima dell’attacco, gli alleati procedono con la solita strategia del bombardamento a tappeto.
  • 14. Espressione ironica: questi sfollati fecero in verità tanto rumore che…
  • 15. Tale centro non è situato a Brécey stesso ma nelle vicinanze.
  • 16. Riunite le loro forze a Rancoudray, i tedeschi lanciano una controffensiva la mattina del 7 agosto 1944 con sette divisioni, di cui quattro Panzer. Questa operazione, detta «Lüttich» («Liegi»), ha come obiettivo quello di sfondare in direzione di Avranches e dividere così in due le linee americane, le quali continuano la loro penetrazione verso la Bretagna. Approfittando dell’effetto sorpresa e della nebbia, i tedeschi riescono a riconquistare Mortain. Ma qualche ora dopo, subentrato il sole alla nebbia, i cacciabombardieri alleati entrano in azione provocando seri danni alle linee tedesche. Il tentativo di contrattacco tedesco fallisce anche grazie all’arrivo di rinforzi americani.
  • 17. Autocarro militare americano a trazione integrale (6x6).
  • 18. I tedeschi, stretti nella morsa degli americani e della loro operazione Cobra, tentano di resistere nel paesino di Percy ma vi restano sempre più intrappolati. Dal 29 luglio al 2 agosto la battaglia infuria: tiri d’artiglieria e bombardamenti alleati riescono a liberare il paesino ma lo riducono un ammasso di macerie.
  • 19. Nell’impeto dell’operazione Cobra, e per impedire ai tedeschi di rinforzarsi, la 2a Divisione Blindata americana ha come obiettivo la presa di Villebaudon. Il borgo subisce i tiri violenti dell’artiglieria dal 27 al 28 luglio 1944.
Numero di catalogo:
  • Numéro: TE593
  • Lieu: Mémorial de Caen
Foto inerenti la testimonianza
X
Saisissez votre nom d'utilisateur pour Mémoires de guerre.
Saisissez le mot de passe correspondant à votre nom d'utilisateur.
Image CAPTCHA
Enter the characters shown in the image.
En cours de chargement