Lo sbarco vissuto a 10 chilometri a est di Cherbourg
La Signora Lecoffre racconta nel 1979 la sua esperienza dello sbarco. Costretta dai tedeschi a sfollare nel maggio 1944, lei e il fidanzato vengono a sapere dell’inizio delle operazioni dagli allevatori di Sainte-Mère-Église, incontrati alla fiera di Valognes. Poi, per aver rivolto ai tedeschi discorsi disfattisti, la giovane donna è arrestata e portata in prigione a Cherbourg, dove rimarrà reclusa una notte intera. Sulla via del ritorno, assiste all’avanzata americana su Cherbourg, una dura battaglia condotta in una regione in cui campi e prati sono delimitati da alte siepi. Preso alla sprovvista, l’esercito americano vi affronta una difesa tedesca organizzata, ben decisa a proteggere a tutti i costi il porto di Cherbourg. Il racconto si trova negli archivi del Mémorial di Caen catalogato sotto la sigla TE 204.
Abbiamo vissuto in una proprietà parzialmente occupata dalle truppe tedesche – da reggimenti di artiglieria venuti lì uno dopo l’altro – dall’inizio del 1940 fino al 18 maggio del 1944. Siamo stati espulsi (io, mia madre e mio nonno) dal casolare della fattoria che ancora occupavamo in ventiquattr’ore.
Abbiamo appreso la notizia dello sbarco dal mio fidanzato che era andato a vendere una mucca alla fiera di Valognes. La trattativa fu rapidamente conclusa, c’erano alcuni allevatori di Sainte-Mère-Église che annunciavano i lanci dei paracadutisti e confermavano il loro racconto mostrando cinture e pezzetti di telo dei paracadute. Alcuni facevano il resoconto degli eventi in un’osteria che due ore dopo era in preda alle fiamme.
Abbiamo vissuto alcuni giorni senza notizie, poiché non disponevamo più di un locale per ascoltare la BBC. Poi c’è stata una requisizione a La Glacerie di cavalli, vetture e conducenti per trasportare munizioni nei dintorni di Montebourg. Il mio fidanzato ci andò con una vettura leggera attaccata a un mezzosangue, riuscì a scaricare tutto e a ritornare con un vicino grazie al suo agile mezzo di trasporto e alla confusione che regnava nel luogo adibito a deposito. Sulla strada del ritorno, Valognes era in fiamme.
Avevamo mantenuto alcune bestie nei campi più lontani dalla fattoria, in particolare in un frutteto. Un aereo a volo radente venne a mitragliare il vicino serbatoio dell’acqua e i cavalli della truppa usciti nei campi adiacenti alle scuderie. L’indomani la cavalleria occupava i pascoli delle mucche, ben al riparo sotto i meli.
Io e mia madre ci recammo alla fattoria per difendere i nostri diritti. Quest’ultima era trasformata in campo trincerato; chilometri di filo spinato la circondavano; buche per gli uomini, trincee e i famosi pali antiparacadute
La mattina dopo le prigioniere rompiscatole venivano liberate offrendo loro un caffelatte che esse invece si affrettarono ad andare a prendere a casa di un’amica dall’altra parte della città. Era, purtroppo, l’ultima volta che approfittavamo della sua ospitalità: i bombardamenti sul quartiere del Val-de-Saire l’avrebbero colpita insieme al dottor Deslandes, tanto stimato dagli abitanti di Cherbourg.
Rientrate a casa sane e salve malgrado una scomoda passeggiata (dieci chilometri con gli zoccoli ai piedi), pensammo fosse meglio allontanarci dalla nostra azienda agricola e allora La Glacerie ci ospitò.
Il convoglio lasciato vicino a Montebourg alcuni giorni dopo rientrava. Truppa in ritirata e poco gloriosa che si camuffò sotto i grandi alberi della fattoria dei miei suoceri.
Questa loro tappa ci valse l’indomani un bombardamento micidiale dell’artiglieria. Il paesino de La Glacerie era stato in parte raso al suolo da un bombardamento aereo
Al nostro ritorno provammo una grande pena. Della casa di famiglia restavano i quattro muri. Le fattorie occupate nel comune sono state bruciate dai tedeschi dopo essere state da loro sgomberate. La squadra di demolitori entrata in azione prima della ricostruzione ha trovato sotto le pietre un deposito di munizioni pronto a esplodere se la casa fosse stata ancora intatta al nostro ritorno. Ma le perdite materiali sono soltanto un ricordo penoso quando, a pace ristabilita, tutti si ritrovano al completo.
Ricordi del tempo della battaglia in Francia: dalla strada panoramica, lo spettacolo della rada che era nera di navi da sbarco. I nostri campi trasformati dalle truppe alleate in campi di transito. Le strade trasformate dai camion in pantani in cui le automobili affondavano fino all’assale. Poi le notizie, vere o false, le comunicazioni impossibili, la pace e il ritrovarsi insieme.