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Introduzione. Racconti di civili della Manche

Autore : 
MARIE-ORLEACH Etienne

«La guerra con tutto il suo corteo di disordini e di paure mi faceva conoscere l’umanità come è, peggiore o migliore di quanto sembri» scrive sul finir della guerra, nel 1944, la giovane Marcelle Hamel, originaria del dipartimento della Manche1 La Francia metropolitana si divide in 95 dipartimenti. Ogni dipartimento costituisce un’unità amministrativa e territoriale dello Stato che è l’esatto equivalente della provincia italiana. La Bassa Normandia è suddivisa in tre dipartimenti, ciascuno con il suo capoluogo amministrativo: Saint-Lô nel dipartimento della Manche (dipartimento indicato col numero 50), Caen nel Calvados (14) e Alençon nell’Orne (61) [NdT]. . Il 25 agosto 1944, la città di Honfleur è liberata dalla 6a divisione aviotrasportata britannica. È allora, con la liberazione di questo porto pittoresco, che l’insieme della Bassa Normandia vede finire un’occupazione, quella tedesca, durata quattro lunghi anni.

Il 6 giugno 1944, l’operazione Neptune, punto di partenza dell’impresa Overlord, precipita la regione in una spirale distruttrice ancorché liberatrice. Nello spazio di qualche ora, questo tranquillo territorio si trasformerà in uno dei maggiori campi di battaglia della storia militare contemporanea. Se la durata prevista era di sole tre settimane, la battaglia di Normandia sembrerà protrarsi all’infinito: le truppe alleate s’impigliano nella trama normanna del bocage2 Il bocage è il tipico paesaggio rurale normanno in cui i campi sono separati da siepi o da file di alberi [NdT]. e l’occupante tedesco non si arrende. Occorreranno dodici settimane per liberare la regione. La chiave di volta del felice esito è da individuarsi negli armamenti militari, punto di forza dell’esercito alleato. Per gli Alleati, è ormai fuori questione far combattere un esercito di fanti, oneroso in termini di perdite umane. Economizzando sul numero dei propri uomini, gli strateghi intravedono una nuova concezione della guerra3Cfr. O. Wieviorka, Histoire du Débarquement en Normandie, Parigi, Éditions du Seuil, 2007, p. 149., che preferisce ricorrere ad aerei, bombe, granate e carri armati. Un vero e proprio rullo compressore si abbatte allora sulla regione. Al culmine del combattimento, si affrontano quasi due milioni di combattenti. Nel mezzo di questa battaglia, un milione di abitanti della Bassa Normandia assiste impotente allo svolgimento delle operazioni, accerchiato com’è da soldati.

Certo, quel 25 agosto 1944 la regione è liberata. Ma è stata altresì devastata, resa irriconoscibile. La popolazione ha pagato un pesante tributo al diritto di una libertà tanto agognata, quasi 20.000 civili normanni, tra cui 14.000 abitanti della Bassa Normandia4Cfr. J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie. La Normandie au cœur de la guerre, Caen, Le Mémorial de Caen, 2004, p. 284., vi hanno lasciato la vita. A tale bilancio umano vanno aggiunte le distruzioni materiali altrettanto drammatiche. Città intere vengono cancellate dalla carta geografica: Saint-Lô è ridotta a un cumulo di macerie, interi quartieri di Caen vengono rasi al suolo, paesini come Villers-Bocage o come Aunay-sur-Odon sono danneggiati praticamente all’80%. La campagna, fiore all’occhiello dell’economia anteguerra, non gode di migliori condizioni. Decine di migliaia di ettari di terre coltivate vengono rivoltate dalle bombe e dalle granate e una parte del bestiame è decimata5 Ibidem. .

Fin dall’inizio di questa guerra e a tutt’oggi, gli abitanti della Bassa Normandia hanno preso la penna per consegnare alla storia le loro personali esperienze di guerra. I loro diari, i ricordi di guerra, le biografie, le lettere inviate ai familiari durante quelle lunghe settimane e i racconti di vita sono di un’estrema ricchezza tanto per il curioso e l’appassionato che per lo storico6Cfr. P. Ricoeur, La Mémoire, l’histoire, l’oubli, Parigi, Éditions du Seuil (L’ordre philosophique), 2000.. Restano, in ogni caso, dei documenti smisuratamente vivi e commoventi per la loro semplicità; sono testimonianze che danno luogo a tutt’altra visione della guerra e permettono di toccare il quotidiano, di sentire le emozioni vissute da coloro che le narrano7Sulle problematiche della testimonianza e dell’emozione, cfr. le opere dello storico Christophe Prochasson, 14-18 Retours d’expériences, Parigi, Tallandier (Texto), 2008; L’empire des émotions. Les historiens dans la mêlée, Parigi, Demopolis, 2008.. La lettura di tali testimonianze, di tali racconti di vita, permette di intravedere la varietà e la complessità dei destini della popolazione di questa parte della Normandia nella guerra8Bisogna qui citare due studi che riguardano la sorte delle popolazioni civili normanne nel corso della Seconda Guerra mondiale: B. Garnier et alii, Les populations civiles face au Débarquement et à la bataille de Normandie. Atti del convegno internazionale di Caen, 24-27 marzo 2004, CRHQ – CNRS Université de Caen, Le Mémorial de Caen, 2005; M. Boivin, Les Manchois dans la tourmente de la Seconde Guerre mondiale 1939-1945, 6 voll., Marigny, Eurocibles, 2004..

L’omogeneità tanto «territoriale» quanto tematica ha guidato la selezione dei racconti e la cornice geografica unitaria del dipartimento della Manche offre le condizioni ideali. Gli otto testimoni che abbiamo scelto provengono tutti da questo dipartimento. Centotrenta chilometri separano Digosville, il borgo caro alla Sig.ra Lecoffre, nel nord della penisola del Cotentin, dal paese di Mortain in cui vive Blanche Néel. Benché siano tutti dello stesso dipartimento, i testimoni descrivono esperienze di guerra totalmente diverse. La nostra scelta permette così di mostrare l’eterogeneità dei vissuti e i racconti permettono al lettore di acquisire una visione singolare della Seconda Guerra mondiale, vista e trascritta da uomini e donne, attori passivi degli eventi divenuti poi autori-testimoni.

In queste prime testimonianze, abbiamo deciso di dare spazio proprio agli eventi dell’estate del ’44. Tale scelta ci è apparsa logica. Infatti, per i testimoni normanni, la giornata del 6 giugno 1944 è – e resta – indimenticabile: è la più commentata di tutte, giacché segna una tappa cruciale, una svolta, la reale entrata in guerra. In quella giornata, due eventi maggiori si susseguono nello spazio di qualche ora: i civili vengono a sapere che un’operazione di sbarco è in corso sulle loro spiagge, poi subiscono in pieno la battaglia con l’arrivo dei bombardieri alleati. La scelta delle testimonianze della Manche permette una visione globale e nel contempo particolareggiata della battaglia di Normandia, con le spiagge dello Sbarco, le sue città distrutte e la «guerra delle siepi»9J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie…, op. cit., p. 233-234.. Sicché con ogni testimone e ogni racconto è possibile avere una visione personale della situazione. I destini di questi abitanti della Manche offrono al lettore un ventaglio di esperienze che concordano tra loro completandosi.

Anche se l’apertura ad altre tematiche della guerra potrà essere oggetto di una nuova selezione di racconti autobiografici da pubblicare su questo sito web, ciò non toglie che lo Sbarco e la battaglia di Normandia occupano uno spazio considerevole in tutti i racconti normanni e in particolare in quelli che proponiamo qui.

Siamo onorati di presentare qui questi otto documenti. L’incontro con la testimonianza è sempre un momento particolare per colui il quale è nel contempo lettore e attento ricercatore. Recarsi negli archivi, compulsare con precauzione le pagine ingiallite dal tempo, toccare i documenti che appartengono interamente alla storia, leggere le parole talvolta scarabocchiate nel vivo dell’azione è fonte di grande soddisfazione e ispira nel lettore-ricercatore un’immensa umiltà . Nel corso delle letture e riletture, s’instaura con i testimoni una certa vicinanza. Tuttavia, l’occhio dello storico ha l’obbligo di restare critico su tali testimonianze, redatte talvolta cinquanta-sessant’anni dopo gli accadimenti: vittime del tempo, esse sono sottoposte alle incognite della memoria.

La sensazione che suscita la scoperta di questi spaccati di vita non è nulla a confronto delle emozioni provate da questi uomini e queste donne durante gli anni di guerra. Marcelle Hamel, la Sig.ra Lecoffre, Blanche Néel, Louis Pesnel, Jules Carmelot, Jean Roger, Julien Le Bas, Alfred Mouchel e gli altri, col loro senso della testimonianza e per ciò stesso della storia, hanno fatto in modo che l’oblio di quel periodo resti per sempre impossibile10Annette Wieviorka osserva che la scrittura rappresenta «un bisogno vitale di conservare la traccia degli eventi che sfidano la fantasia e di assicurar[n]e l’immortalità», e conclude dicendo: «quando la traccia sfuma col tempo, resta l’iscrizione degli eventi nella storia, unico futuro del passato» (L’ère du témoin, Parigi, Hachette, 2002, p. 34, 186)..

Alla fine della primavera del ’40, Marcelle Hamel, maestra elementare in un paesino della Manche, osserva con stupore l’arrivo dell’occupante tedesco. «Privilegiata» per il semplice fatto di abitare in campagna, la giovane donna non nasconde tuttavia le difficoltà legate alla presenza nemica. Regolarmente si reca a Cherbourg per portare ai suoi familiari le provviste che mancano in città . Di mese in mese, la situazione però si modifica. Gli Alleati compiono dei raid aerei in Francia, soprattutto in Normandia. I tedeschi ordinano l’evacuazione di Cherbourg e delle coste dichiarate «zona vietata»11 Si trattava di una striscia di terra vietata alla popolazione civile («zone interdite») a partire dal 1940. Tale striscia era larga pochi chilometri ma lunghissima: comprendeva le coste del Mare del Nord, della Manica e dell’Oceano Atlantico, ovvero andava dalla frontiera belga a quella spagnola [NdT].. La Germania e il regime di Vichy rafforzano la collaborazione di Stato soprattutto con la creazione del Servizio Obbligatorio del Lavoro (STO)12 STO: Service de Travail Obligatoire. Tale servizio fu imposto dal III Reich al governo di Vichy. Centinaia di migliaia di lavoratori francesi vennero costretti, a partire dal 1942, a recarsi in Germania per compensare la mancanza di manodopera locale [NdT].. Così, il 22 marzo 1943, poco più che ventenne, Louis Pesnel parte per la Germania. A Wilhelmshaven, il pescatore normanno richiesto per servire la Reichsbahn (le germaniche ferrovie dello stato), «adeguatamente sfamato, e relativamente tranquillizzato quanto alla [propria] sicurezza», incontra allora dei lavoratori stranieri e frequenta la popolazione tedesca. «Fin dal nostro arrivo in territorio frisone, il nostro grande obiettivo fu quello di effettuare il viaggio nella direzione opposta, reazione comune a tutti gli espatriati non volontari», annota Louis Pesnel. Approfittando di un permesso accordatogli nel dicembre del ’43, il nuovo «pescatore-ferroviere» torna nella sua regione natale e – esattamente come Jules Carmelot – prende l’iniziativa d’ingrossare le fila dei renitenti. Vivendo nascosti, i due uomini evocano i timori legati a quello scomodo statuto.

Con l’avvicinarsi della primavera del ’44, la situazione si fa sempre più insostenibile per la popolazione della Bassa Normandia13Cfr. J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie…, op. cit., p. 15-16.. Giorno dopo giorno, si assottiglia negli animi la speranza di uno sbarco. E se qualche civile continua a credere nella prossima apertura di un nuovo fronte, l’inquietudine di dover attendere ancora un anno l’epilogo della guerra si fa sentire. «Da molte settimane “si” sente che IL grande evento accadrà, che deve accadere» scrive all’epoca Jean Roger. La situazione delle scorte alimentari si fa critica, anzi drammatica, specialmente nelle città. La pressione tedesca diventa sempre più pesante, le relazioni con l’occupante si fanno più tese. I rischi affrontati dai «disobbedienti» – refrattari, autori di discorsi anti-tedeschi come la Sig.ra Lecoffre, partigiani – e dai loro familiari sono considerevoli. Porteranno Blanche Néel nel carcere di Caen, tristemente famoso per la sorte riservata ai prigionieri nella giornata storica del 6 giugno 1944.

L’operazione militare ha inizio nella notte tra il 5 e il 6 giugno 1944. Non distante da Sainte-Mère-Église, Marcelle Hamel osserva la costa: «È in questo stato di dormiveglia che vedo spuntare, più cupe sullo sfondo chiaro-scuro del cielo, delle ombre fantastiche, simili a grandi ombrelloni neri, che sembrano piovere lentamente sui campi di fronte e poi sparire dietro la linea nera delle siepi». Prende avvio la serie di lanci coi paracadute volti a sbarrare la strada alle truppe tedesche e mettere al sicuro le retrovie di Utah, nome in codice dato alla prima spiaggia dello Sbarco verso ovest.

All’annuncio dello Sbarco, attese e speranze cedono rapidamente il passo alla paura. Certo, lo sbarco delle truppe alleate è in atto, ma si svolge sulle coste normanne, molto vicino; troppo. L’incertezza più grande regna in quella mattinata primaverile del ’44. Gli Alleati sarebbero sbarcati. Circolano le voci più folli: i tedeschi sarebbero in grado di respingere gli Alleati in mare e, dopo tutto, lo sbarco è forse solo un semplice diversivo in vista di un’operazione di maggiore ampiezza. Si discute appassionatamente. Sono quasi le otto di sera a Saint-Lô, quando Jean Roger si rade la barba prima di accingersi al pasto serale. Nello stesso istante, Julien Le Bas e la sua famiglia, sono già a tavola. In lontananza, s’ode un rumore assordante. L’amplificazione del frastuono spinge i due uomini uno alla finestra, l’altro per strada. Jean Roger così descrive la scena: «Vengono dalla zona di Caen e si dirigono a quanto pare verso Coutances, scorgo un volo di apparecchi ad alta quota in formazione che si stagliano in un cielo azzurro». Le bombe vengono sganciate e iniziano a venir giù con un lento dondolio. È un diluvio che si abbatte sulla città. Boati, esplosioni e urla danno il ritmo di quella carneficina. In pochi minuti, Saint-Lô, com’era stato alcune ore prima a Caen, è in balia dei bombardamenti.

Lisieux, Falaise, Vire, Valognes… la lista delle città devastate sembra ingrandirsi ora dopo ora. S’impone agli abitanti di queste città un dilemma doloroso. Da una parte restare, rintanarsi in ripari di fortuna per non abbandonare i propri beni, la casa, gli animali, e i ricordi in mano ai saccheggiatori oppure, dall’altra, partire per le angoscianti strade dell’esodo, con la speranza di sfuggire al tumulto della battaglia14Cfr. V. Laisnay-Launay, L’exode des populations bas-normandes au cours de l’été 1944, Caen, C.R.H.Q, 2005., scelta che farà Julien Le Bas.

Trascorrono così dodici settimane, in un’agitazione caratterizzata dalla più totale incertezza. Nel bel mezzo della battaglia, la vita prosegue il suo corso e le occupazioni si diversificano. Le corvée di rifornimento si aggiungono ai compiti quotidiani come il lavoro nei campi, che in una regione agricola è onnipresente. L’eco delle battaglie diventa la fonte d’informazione più sicura. Così, si sente dire che l’armata alleata avanza, ma troppo lentamente per dei civili impazienti di vedere la fine dei combattimenti. Nondimeno, i soldati del Reich sono sempre là. «I “verdegrigi”15 Il termine «verts-de-gris», traduzione francese del tedesco «feldgrau», indica il colore verde tendente al grigio delle uniformi tedesche durante la Seconda Guerra mondiale. Traduciamo qui con «i verdegrigi» perché grigioverdi erano le divise dell’esercito italiano [NdT]. di Hitler ora se ne infischiano altamente delle leggi della guerra. Vogliono farci sgobbare per loro fino alla fine, ma riderà bene chi riderà per ultimo!» tuona Alfred Mouchel nella sua testimonianza. In effetti, siamo alle ultime scaramucce, si avvicina la liberazione. Alla fine, «loro» arrivano con i loro armamenti che suscitano l’ammirazione generale. Due mondi s’incontrano d’improvviso. Davanti alla moderna America una Normandia «ancestrale». Se l’accoglienza delle truppe sarà calorosissima – i canadesi francofoni vengono accolti come fossero parenti – può accadere talvolta che essa sia contenuta, fredda, distante16Cfr. J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie…, op. cit., p. 155.. Lo storico Eric Alary osserva a questo riguardo: «Ben presto, un numero crescente di abitanti è quasi indifferente alla presenza dei soldati sbarcati»17E. Alary, B. Vergez-Chaignon, G. Gauvin, Les Français au quotidien 1939-1949, Parigi, Perrin, 2006, p. 431.. I bombardamenti e i morti restano negli animi. Inoltre i civili temono eventuali rappresaglie18Secondo Olivier Wieviorka «alcune manifestazioni di gioia spontanea furono talvolta rattristate e tenute di frequente a freno per paura di un ritorno offensivo dei tedeschi» (Histoire du Débarquement en Normandie, op. cit., p. 375). sulle popolazioni non liberate così come l’eventualità di un ripiegamento alleato. Una nuova era si apre allora, quella della «coabitazione» con le truppe americane, come cita con precisione la giovane maestra Marcelle Hamel.

«È così che si conclude, con un rapido scorcio sulla vera vita, questo intervallo caotico vissuto da attento spettatore, questi mesi tra parentesi caratterizzati da speranza, fortuna e libertà», conclude Louis Pesnel.Spesso, dopo la Liberazione, la «narrativizzazione» è per i testimoni sinonimo di analisi di quel periodo, stesura di un bilancio umano, morale o materiale. Battaglie e bombardamenti straziano un territorio nel profondo. (De)scrivere la guerra è testimoniare una serie di fasi estenuanti che spesso provocano dei traumi. Le emozioni pervadono i racconti e sono strettamente correlate all’avanzamento delle operazioni belliche. Il fatto di rivivere attraverso la scrittura quel periodo pieno di emozioni, di lutti e di gioia, fa rinascere quegli stessi sentimenti nei vari narratori. Ecco perché queste esperienze scritte dello Sbarco, della battaglia di Normandia e della conseguente Liberazione, sono tanto tracce indelebili del passato quanto testimonianze portatrici di storia e di speranza.

  • 1. La Francia metropolitana si divide in 95 dipartimenti. Ogni dipartimento costituisce un’unità amministrativa e territoriale dello Stato che è l’esatto equivalente della provincia italiana. La Bassa Normandia è suddivisa in tre dipartimenti, ciascuno con il suo capoluogo amministrativo: Saint-Lô nel dipartimento della Manche (dipartimento indicato col numero 50), Caen nel Calvados (14) e Alençon nell’Orne (61) [NdT].
  • 2. Il bocage è il tipico paesaggio rurale normanno in cui i campi sono separati da siepi o da file di alberi [NdT].
  • 3. Cfr. O. Wieviorka, Histoire du Débarquement en Normandie, Parigi, Éditions du Seuil, 2007, p. 149.
  • 4. Cfr. J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie. La Normandie au cœur de la guerre, Caen, Le Mémorial de Caen, 2004, p. 284.
  • 5. Ibidem.
  • 6. Cfr. P. Ricoeur, La Mémoire, l’histoire, l’oubli, Parigi, Éditions du Seuil (L’ordre philosophique), 2000.
  • 7. Sulle problematiche della testimonianza e dell’emozione, cfr. le opere dello storico Christophe Prochasson, 14-18 Retours d’expériences, Parigi, Tallandier (Texto), 2008; L’empire des émotions. Les historiens dans la mêlée, Parigi, Demopolis, 2008.
  • 8. Bisogna qui citare due studi che riguardano la sorte delle popolazioni civili normanne nel corso della Seconda Guerra mondiale: B. Garnier et alii, Les populations civiles face au Débarquement et à la bataille de Normandie. Atti del convegno internazionale di Caen, 24-27 marzo 2004, CRHQ – CNRS Université de Caen, Le Mémorial de Caen, 2005; M. Boivin, Les Manchois dans la tourmente de la Seconde Guerre mondiale 1939-1945, 6 voll., Marigny, Eurocibles, 2004.
  • 9. J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie…, op. cit., p. 233-234.
  • 10. Annette Wieviorka osserva che la scrittura rappresenta «un bisogno vitale di conservare la traccia degli eventi che sfidano la fantasia e di assicurar[n]e l’immortalità», e conclude dicendo: «quando la traccia sfuma col tempo, resta l’iscrizione degli eventi nella storia, unico futuro del passato» (L’ère du témoin, Parigi, Hachette, 2002, p. 34, 186).
  • 11. Si trattava di una striscia di terra vietata alla popolazione civile («zone interdite») a partire dal 1940. Tale striscia era larga pochi chilometri ma lunghissima: comprendeva le coste del Mare del Nord, della Manica e dell’Oceano Atlantico, ovvero andava dalla frontiera belga a quella spagnola [NdT].
  • 12. STO: Service de Travail Obligatoire. Tale servizio fu imposto dal III Reich al governo di Vichy. Centinaia di migliaia di lavoratori francesi vennero costretti, a partire dal 1942, a recarsi in Germania per compensare la mancanza di manodopera locale [NdT].
  • 13. Cfr. J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie…, op. cit., p. 15-16.
  • 14. Cfr. V. Laisnay-Launay, L’exode des populations bas-normandes au cours de l’été 1944, Caen, C.R.H.Q, 2005.
  • 15. Il termine «verts-de-gris», traduzione francese del tedesco «feldgrau», indica il colore verde tendente al grigio delle uniformi tedesche durante la Seconda Guerra mondiale. Traduciamo qui con «i verdegrigi» perché grigioverdi erano le divise dell’esercito italiano [NdT].
  • 16. Cfr. J. Quellien, Jour J et bataille de Normandie…, op. cit., p. 155.
  • 17. E. Alary, B. Vergez-Chaignon, G. Gauvin, Les Français au quotidien 1939-1949, Parigi, Perrin, 2006, p. 431.
  • 18. Secondo Olivier Wieviorka «alcune manifestazioni di gioia spontanea furono talvolta rattristate e tenute di frequente a freno per paura di un ritorno offensivo dei tedeschi» (Histoire du Débarquement en Normandie, op. cit., p. 375).
Numero di catalogo:
  • Numéro d'archivage: Numéro: IN002
    Lieu:
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