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Oggi mi è saltato in mente di scrivere un diario

Autore : 
ALEMANNO Maria
Racconto raccolto da Patrizia Gabrielli
Edizione critica, presentazione e note di Patrizia Gabrielli

Maria Alemanno è nata a Venezia nel 1900 (e deceduta nel 1988), ha conseguito il diploma di scuola media superiore. Durante la guerra lei è a Firenze mentre il fidanzato Nando è lontano, in una prigione tedesca. Il diario dattiloscritto è giunto all’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano il 6 agosto 1990.

Sabato 11 settembre 1943 ore 16

Come sempre accade quando gli avvenimenti assumono una certa tragicità, tutti siamo oltremodo impressionati, anche l’Ada ha dovuto ricredersi della fugace gioia del primo momento e convenire che è peggiore il rimedio del male. Già da ieri correvano le voci che autocolonne tedesche erano in marcia verso Firenze, ci illudevamo che al momento dell’invasione ci avrebbero avvertiti per darci tempo di rifugiarci nelle nostre case, ma sempre pensiamo cose che non accadono mai: i tedeschi sono entrati calmi e tranquilli e hanno preso possesso della città senza che nulla sia avvenuto, forse è meglio così1Firenze è occupata dall’esercito tedesco l’11 settembre 1943.!

Certo è stato impressionante lo stesso, qua in centro non ne sapevano niente, verso le 11 di questa mattina mia sorella mi ha telefonato dicendomi di andare subito a casa perché i tedeschi erano in P.zza San Marco al Comando. Non lo nego, un certo tuffo al cuore l’ho avuto, anche perché, consapevole dei conflitti avvenuti nelle altre città, mi aspettavo qualcosa di simile anche a Firenze. Ma i fiorentini sono dei buoni, poveri diavolacci e prendono tutto con filosofia.

Abbiamo chiuso in fretta, per evitare maggiori emozioni ho preso un tram che mi portasse vicino a casa senza passare da P.zza San Marco, in questo primo momento abbiamo paura di loro e forse la paura non è infondata.

E lui?? Ecco il pensiero assillante, penoso[,] che non mi lascia mai. Che accadrà laggiù?? Ho continuato a scrivere in questi giorni con una infinitesima speranza che qualcosa possa arrivare ma capisco che sono vane illusioni.

In questi momenti emozionanti ho pensiero per tutto: la casa, la mamma così vecchia e sofferente che avrebbe bisogno di calma e di riposo, cerco di aiutare in quello che posso.

E lui?? Tornerà come tanti? Troppo lontano! Troppa strada da fare, ma in fondo al mio cuore permane questa grande speranza. Che avverrà ora?

Domenica 12 settembre 1943 ore 12

Ho veduto per la prima volta i tedeschi, non come ne avevo veduti tanti fino ad ora, ma nella loro esecrabile parte di invasori e padroni[.] Capisco che si possono odiare, o traditi o no, che questo non ce lo dice nessuno perché la verità chissà dov’è[.] Sono nemici, che hanno preso possesso della nostra bella città.

E qui è tutto calmo, da altre città giungono notizie di veri e propri combattimenti. Per la mia anima patriottica questo sarebbe andato bene anche per Firenze, ma forse è meglio così. Questa mattina sono venuta a dare un’occhiata alla mia ditta. Non so stare se ogni giorno non passo almeno un’ora qui2Maria Alemanno indica quindi con l’avverbio «qui» il luogo in cui lei si trova, la ditta, quando scrive il suo diario.: sono in pensiero, non per il lavoro che non c’è, oggi basta tirare avanti, ma per tutto quello che di tragico c’è in aria.

Ho messo un lucchetto alla porta, fa poco[,] ma io sono più tranquilla.

È una giornata magnifica, è vero che nel venire a piedi, per non passare dal centro, sono caduta (benedette scarpacce) e ho tutto un ginocchio rovinato, ma questo è niente.

C’è in giro un’aria di sgomento che innamora: si parla di fame, di carestia, di guerra vicina, la vera guerra, di depredazioni furti e peggio! Sarà vero? Cerchiamo di mettere in casa delle provviste di quel poco che si trova. Che momenti!! Non ci sono parole per descriverli. Ogni sera e per essere più giusti ogni momento, tormentiamo la radio per avere delle notizie: Roma in mano di questo e di quello, ordini e contrordini, Milano in guerra, i Balcani il punto per me più interessante che mi fa ascoltare senza fiato quel po’ che ci dicono. Tirana resiste… ecco quello che dicono!! Là c’è la guarnigione italiana, il comando, lui… Che farà?? Nessuna speranza di ricevere posta: ordine tassativo di proibizione per la corrispondenza privata, ordine del comando tedesco, niente da fare!

Che pena però. Tutti tornano disarmati, avviliti, stanchi con un gran sgomento nel cuore. Poveri ragazzi! Il governo Badoglio pare che sia rifugiato a Palermo3Il 25 luglio del 1943, con la caduta del fascismo, assume la direzione del governo il maresciallo Pietro Badoglio che guida i successivi governi antifascisti, fino alla liberazione di Roma del giugno del 1944. L’autrice si riferisce alla «fuga» di Badoglio, del re, della corte e degli alti comandi, all’alba del 9 settembre 1943, da Roma verso Brindisi dove trovano la protezione degli angloamericani.. Possibile che ci abbia gettati così in questo immane disonore?? Chissà qual è la verità!

Lunedì 13 settembre 1943 ore 18

Giornate sempre piene di sgomento e di angoscia. Per radio torna a farsi udire l’inno dei fascisti, si affacciano un po’ titubanti per riprendere potere all’ombra della protezione tedesca. Comandi tedeschi, ordini tedeschi, tutto tedesco. Cominciamo a guardarli con un po’ di timore. Passano e ripassano autocolonne intere, un frastuono assordante, continuo[,] per la città. Io sono nervosa, tutto mi dà noia. Mi hanno strappato qualcosa dal cuore a viva forza, la posta era per me tutto, l’ho sempre attesa con ansia, ora più niente. Ho l’impressione di vederlo apparire da un momento all’altro. Sono qui e lo aspetto[, e lui entrando] direbbe «permesso» con voce commossa. Sento l’impulso col quale mi getterei nelle sue braccia e la commozione mi stringe la gola. Coraggio! Non bisogna abbattersi, forse combatte[. Che] Dio lo salvi[,] è questa la mia costante, ardentissima preghiera.

Martedì 14 settembre 1943 ore 16

Oggi arrivando qui [alla ditta] una grande emozione, mi hanno avvertito che erano arrivati due telegrammi, avrei spinto l’ascensore per arrivare su prima! Ora sono qui, non so decifrarne con esattezza la data, ma uno deve essere del 1° e uno del 4 corrente, poche parole, ma in quei giorni non era ancora accaduto niente[:] «nessuna preoccupazione». No caro, per me non ho nessuna preoccupazione benché tutto precipiti, ma tanta per te! Quando potevo scriverti e ti dicevo tutto quello che mi passava per il cervello mi sentivo così felice, ora più di sempre capisco com’era quella felicità.

Ora non posso dirti più niente e questa sofferenza è aggravata da tante cose che accadranno. Leggo e rileggo questi telegrammi[.] Sento che dopo questi[,] chissà quando arriverà qualche altra notizia.

Che pena…

Mercoledì 15 settembre 1943 ore 18

È l’ora di chiudere, mi sono annoiata quando mai, non ho più niente da leggere, tutti i libri di lui li ho già letti.

Domani verrà l’Ada, ho da fare dei modelli, c’è chi ha ancora coraggio di lavorare. Io non ne ho voglia.

Dicono che il Duce sia stato liberato dalla sua prigione. Una prodezza, una leggendaria prodezza dei Tedeschi4Mussolini, con la caduta del regime fascista, su ordine del re Vittorio Emanuele III viene arrestato e inviato prima all’isola di Ponza, poi a Campo Imperatore in Abruzzo da dove sarà liberato il 12 settembre 1943 dall’esercito tedesco.. Mi sembra di vivere in pieno romanzo di avventure. Ancora non sappiamo niente con precisione, ma verrà il momento che tutto sarà chiaro. Avevano detto tante cose sul conto del Duce, che era morto, che era pazzo[,] che era qui, che era là… mai una vera?! Certo quei tedesconi sanno il fatto loro e se lo hanno liberato è solo per farlo ballare come vogliono loro.

Ora vado via. Sono triste, brutta e vecchia!!! Pure c’è qualcuno che ha ancora il coraggio di guardarmi. Ne sono contenta solo per lui, perché quando torna non trovi un disastro. Povera, vecchia Mary….

Giovedì 16 settembre 1943 ore 19

Questa mattina ho pregato con fervore la mia cara S. Rita. Ogni giovedì mi comunico. Vorrei esaudisse il mio desiderio ardente di avere qualche notizia. Ma si vede che ora proprio non si può. E lui non è arrivato. Chissà che farà!! Che pena continua. Forse se ascolta tutto quello che ascolto io, penserà che anche per me ci sono guai enormi in vista. Coraggio, vedremo!

Oggi abbiamo lavorato.

Pare che il Duce sia libero sul serio. Poi ci diranno come. Non ho mai troppa fretta di sapere le cose perché poi vengono tutte fuori. I tedeschi non sono poi il diavolo; ci siamo abituati a vederli fra noi, alcuni fanno pena: ragazzini imberbi sbattuti fuori dalla casa e dalla patria, soggiogati da una mano di ferro. Perché non viene presto una pace vera che cancelli tante pagine di orrori??

Venerdì 17 settembre 1943 ore 19

È l’ora di chiudere, ancora è giorno e sembra piena estate, mai come quest’anno la stagione perennemente magnifica è stata in aperto contrasto con tanti tragici avvenimenti.

Non ho voglia di far niente, lavoro per forza di inerzia. La guerra in tutto il suo sviluppo e il suo orrore si avvicina e di lui niente!! Salerno non è ancora caduta ma pare che sia per poco, dall’altro lato avanzano. E che avverrà dov’è lui?? Sarà ancora là? Che gli sarà accaduto?? Domande su domande mi assillano[,] nessuno può ancora rispondermi. E il tormento continua ogni giorno più acuto, ogni giorno più desolato.

Il Duce ha fatto udire la sua voce. Una voce stanca, e non quella imperiosa che parlava alle turbe invase di follia. Pover’uomo. Anche lui deve avere un caos nel cervello!

Sabato 18 settembre 1943 ore 19

Che crescente ansia per lui!! C’è un ordine del Duce che dichiara sciolti tutti gli Ufficiali dal giuramento prestato al Re. Chissà cosa farà il mio ufficiale, potesse almeno avere il tempo di tornare a casa.

Questa sera la Sig.na Aurelia5Cugina del fidanzato, impiegata in una ditta di Milano[,] sfollata a Firenze per motivi bellici [nota dell’autrice]. mi ha portato un bel libro in dono, non sapeva come sdebitarsi di un cappellino che le ho fatto. «Il sentiero fra le pietre» deve essere un bel libro e ne sono contenta. Abbiamo parlato molto di lui e di quello che farà, povero caro! Almeno che non gli accada niente di male.

Intorno c’è un’aria falsa e sconfortante. Questi ragazzi che tornano hanno qualcosa di tragico e sono preoccupatissimi per la loro sorte! C’è in giro lo spettro della miseria!

Il Duce è di nuovo a capo del governo: nuovo Governo Fascista Repubblicano, ma tutto mi sembra falso, inutile, senza fondamento6Dopo la liberazione da Campo Imperatore del 12 settembre 1943, Benito Mussolini ricostituisce il Partito fascista e la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale; scioglie ufficiali e soldati dal giuramento al re, riunisce il Governo della Repubblica Sociale Italiana con sede a Salò.. Chissà chi potrà trarre questa povera Italia dalla rovina nella quale è precipitata. Accusano continuamente Badoglio e il Re di alto tradimento, ma quale sarà la verità??

Aspettiamo e che Iddio ci aiuti…

Domenica 19 settembre 1943 ore 20

Quando comincio a scrivere la mia paginetta quotidiana mi pare di dover cominciare una lettera a lui, e per poco non metto in testa come ero solita «Nando caro». In realtà ora che mi hanno impedito di scrivere e che non ricevo più niente, queste sono quasi delle lettere che io mando a lui e scrivo qui per lui.

Domeniche tristi, aria di malinconia, ho in me l’ansia crescente di vederlo apparire, mi affaccio alla finestra se sono a casa e qui vivo in continua attesa. Aspetto qualcosa[,] una parola, un rigo, un evento qualunque che mi parli di lui ma la mia attesa è costantemente delusa. Si parla ora di una guerra che ci travolgerà fra breve. Questo pensiero è tremendo e torna più tremenda di prima la paura per gli allarmi e i bombardamenti. Già gli allarmi sono frequentissimi e con quelli varie formazioni di apparecchi ci ronzano sul capo. Ricordo ancora quello di giovedì scorso che mi sorprese in piazza Savonarola mentre andavo dal Maggini, ebbi un tuffo al cuore perché la mamma era sola in casa e di là feci tutta una corsa fino a casa, che è un bel tratto, con gli aeroplani che frullavano sul capo che era un piacere. Emozioni sempre crescenti di questo stato di guerra.

Oggi sono andata al cinema per passare il tempo. Una stupidaggine[:] «La donna è mobile»7 La donna è mobile, film del 1942 di Mario Mattoli.. Quando sono al cinema chissà dove ho la testa ed è tutto un girarsi per vedere se arriva lui!

Che incubo e che tormento! Chissà se uscirò da queste pene e come ne uscirò!

Lunedì 20 settembre 1943 ore 16

Il lavoro volge al termine, cara Ada devi tornartene a casa. Il bello è che tutto questo lavoro poi mi rimane qui e nessuno ha più voglia di venire a prenderlo. Tempo, roba e fatica sprecati.

18 gennaio 1944

Da vari giorni passiamo di nuovo l’incubo dei bombardamenti, la Toscana è un campo di battaglia e da sabato sentiamo le detonazioni che arrivano fino a noi.

Com’è pauroso non sentirsi tranquilli nelle proprie case. Sapere la morte lì a due passi a ogni urlo di sirena.

Oggi un’altra cartolina di lui, era un po’ che l’aspettavo. Povero caro, non riceve niente da me. Vorrei che sapesse quanto gli sono vicina e con che ansia passo questi giorni.

19 gennaio 1944

Ho ricevuto una lettera dalla sua mamma che mi ha fatto piangere di gioia: mi dà del tu e mi parla come a una figlia.

Firenze è stata nuovamente bombardata, non gravemente ma di sera e lo spavento è stato grande, dicono che tutta la città era illuminata a giorno. Lui lo saprà??

26 gennaio 1944

La nuova situazione della guerra mi spaventa e mi dà un senso di sgomento: il mio pensiero è solo egoistico, penso che se arriveranno a Firenze, resterò di nuovo separata da lui e dalla sua mamma senza nemmeno la speranza di queste cartoline che mi danno forza e speranza.

Sono vicini a Roma e la prenderanno, poi toccherà a noi e che Dio ce la mandi buona e che ci salvi almeno la buccia8Espressione familiare in cui «buccia» equivale a «pelle».. Ora devo andare a casa, c’è un bel cielo e ho paura degli allarmi.

24 luglio 1944

Dopo sei mesi di sosta riprendo a scrivere su questo quaderno che mi ricorderà un giorno le lotte, le amarezze, le emozioni di questo periodo. Perché non ho scritto qui? Perché non ne sentivo alcun bisogno[,] data la più accentuata corrispondenza con Milano e con lui che bastava a riempire il vuoto della mia vita.

Oggi che sono nuovamente sola tagliata fuori da Milano e soprattutto da lui, con la guerra alle porte di Firenze, ho bisogno di mettere giù qualcosa, non si sa mai: potrei non sopravvivere agli eventi e allora lui potrà trovare qui ancora per sempre il mio amore, il mio ricordo. Non è un presentimento il mio, non ne ho alcuno ma non si può sapere. Dirò prima in breve riassunto la vita e gli avvenimenti più salienti di questi sei mesi. I giorni si sono somigliati così tanto che basta descriverne uno per dirli tutti. Prima di tutto l’ossessione degli allarmi: una primavera splendida come Firenze ne aveva viste poche tormentata dall’incubo dei bombardamenti. Ricordi più tremendi: l’11 marzo, il 23 marzo, il 1° e il 2 maggio. Di questi quattro ne avrò il fragore nelle orecchie per tutta la vita. L’11 marzo andò distrutto il quartiere di S. Jacopino e il Romito, località vicinissime a casa. Quella mattina mi trovavo a casa perché mia sorella doveva andare a riscuotere un assegno. Al primo allarme, verso le 11, scendemmo nel rifugio, si sentivano gli apparecchi. Passarono una ventina di minuti di silenzio, poi s’intese il fragore dei motori come il frastuono di cento autocarri in casa[.] Piombarono su di noi in un attimo e fu il finimondo per tre riprese[,] per una durata di 5 o 6 minuti ciascuna[,] che sembravano secoli di angoscia e durante i quali aspettavo da un momento all’altro di veder squarciare le pareti del nostro piccolo rifugio. Tenevo abbracciata la mamma e pregavo la Madonna che ci salvasse. Fummo salvi, ma quanta strage!

Il 23 marzo fu colpita particolarmente la zona di Campo di Marte, una strage anche là. Quella volta i primi colpi mi presero che ero ancora nella mia stanzetta, la finestra si spalancò e i muri, i pavimenti, le scale tremavano come sotto una spinta violenta.

Anche quel giorno il bombardamento fu lungo e angoscioso soprattutto per il pensiero dei miei ai quali non sapevo quale sorte fosse riserbata. Quelli del 1° e 2 maggio furono altrettanto violenti.

Il 1° fu di mattina mentre ero al mercato per acquisti (quante girate9Girate: giri, passeggiate. a quel mercato), ai primi colpi mi rifugiai in un rifugio di un alberghetto di cattiva fama, il primo che mi capitò. Che [differenza] fa[?] In quel momento non ci sono distinzioni di sorta. Quel giorno fu particolarmente colpita la zona di Porta a Prato e così il giorno successivo10Prato è una città distante circa 20 chilometri da Firenze.. Allora erano le 15 del pomeriggio e mi avviavo per Via Roma verso la ditta già in pieno allarme. Fu un attimo, apparecchi sulla testa e bombe con un fragore d’inferno. Tanti hanno l’impulso di gettarsi per terra, io spiccai una corsa disperata fino al mio portone[.] Lì, fra facce fatte livide di spavento, assistei a tutto quel nuovo succedersi di fragori che fu uno dei più tremendi. Dopo di allora bombardamenti forti non ce ne sono più stati, abbiamo avuto però allarmi continui dalle 7 del mattino fino alle 19, anche 7 o 8 al giorno, così tutti i giorni fino a tutto giugno. Ci siamo rifugiati sempre in questa stanzetta, qui ci siamo sentite più tranquille, ma [è] uno strapazzo enorme per la mamma così debole e bisognosa di calma e di riposo.

Ora abbiamo fatto una certa abitudine al cannone, che talvolta romba per notti intere, alle mine che saltano, certo tutto questo non dà il terrore degli apparecchi che volano sulla testa e che possono in un attimo seppellirci fra le rovine della nostra casa.

Poi, di avvenimenti degni di rilievo non ne ricordo molti, sempre le solite cose, la nostra vita, i soliti pensieri, lavoro poco, vita oltremodo difficile, talvolta lo stomaco leggero per insufficienza di cibi, prezzi alle stelle e quei poveri soldini che se ne vanno, se ne vanno con un ritmo spaventoso. Dopo la caduta di Roma, 4 giugno11Il 4 giugno 1944 l’esercito alleato entra a Roma., è cominciato il timore della guerra che si avvicina e l’ossessione di mettere provviste in casa, farina soprattutto, poi patate, che non si trovano, dei legumi secchi, pane biscottato, marmellate. Tutte cose che non ho mai potuto mandare a lui perché non ho potuto trovarle e ora per forza siamo stati costretti ad acquistarle a prezzi altissimi, a costo di duri sacrifici, perché il pericolo è alle porte, ed è quasi un dovere pensare non tanto per noi ma per la mamma. Ma quanti sospiri però, non poter comprare molto per mancanza di denari e guardare con il cuore stretto quella poca roba che basterà appena un mese e che costa un patrimonio: tutto il mio sudore. Coraggio, tornerà il lavoro, tornerà lui e lavoreremo insieme. Poi man mano che il pericolo si avvicina nuovi dolori: non più posta da lui, l’ultima lettera del 30 aprile, poi una cartolina a Mori invece che a me, perché era piena di raccomandazioni al mio riguardo.

Ora ti parlo come se tu dovessi leggere fra poco queste parole e mi sento nel cuore una dolce speranza[:] parlarti così[!] Un giorno se non ci sarò più, quando troverai questo quaderno, leggerai queste pagine scritte malamente così come vengono[,] ma vere e spontanee come escono dal cuore[,] e forse capirai interamente cosa sei stato per me! Quando leggerai, penserai a questi miei giorni che siamo stati più di sempre lontani, divisi da tutto.

Chissà se sai che in questo momento si combatte a Sud di Firenze, che la guerra è qui e ne sentiamo già il fragore. Lo sai quello che accade da noi? Io di te so che hanno deciso di far lavorare gli internati in Germania, anche tu con gli altri? Come vorrei saperlo! E so, un tenue filo che mi tiene attaccata alla speranza[,] che forse tutto questo flagello può finire fra poco! E tu che sai? Forse qualcosa e tante cose le immaginerai anche più crude di quelle che sono. Qua non ci sono cose terrificanti, Firenze è città aperta, forse verrà rispettata e[,] benché sembri una città morta[,] non c’è niente che faccia paura, per ora. Il rombo delle mine, quello sì, tutto salta in aria ma non in città. La contraerea picchia e gli aerei si abbassano a mitragliare vicini ma sempre nelle periferie. Ma da lontano sentir parlare di Firenze come zona di guerra deve fare impressione. Ho nel cuore le parole carissime di tua madre, ora che sono in pericolo teme per me, mi considera come una figlia e spera e crede di poter, al tuo ritorno, potermi avere davvero come una figlia. Ricevo in questo momento come per un miracolo una lettera di Aurelia, l’hanno trasferita a Milano da un mese, e questa lettera arriva per mezzo della Metallurgica12Si tratta della Società Metallurgica Italiana (SMI), fondata a Firenze nel 1886., è così che comunichiamo finché si può.

Mi dice che il giorno più felice della sua vita sarà quando potrà brindare al nostro pranzo di nozze. Anche lei!! E tutte queste allusioni mi mettono un dolore sordo nel cuore. So che non mi vuoi sposare e so che tutto sarà pianto per me. Come subire di fronte ai tuoi, a tua madre specialmente, la grande umiliazione di essere creduta solo la tua amica!! Ma dovrai capire da solo perché io non te ne parlerò mai di queste mie sofferenze[;] se tu avessi capito prima di tanto sfacelo, oggi non sarei costretta a lavorare come una disperata per guadagnare poco e male, vivrei con i tuoi, lavorerei lo stesso ma in un altro modo. Sono dei rimproveri che ti faccio, te li meriti, ma non per questo ti voglio meno bene, solo che ho sempre sofferto tante umiliazioni e la gioia, anche nelle tue brevi licenze[,] è sempre stata piena di questo veleno: camere di albergo, camerieri che ti guardano come una di quelle e che dicono[:] «È sempre la stessa?»[,] come accadde nell’ultima licenza e tu non hai mai capito. Di questo ho nel cuore il rancore e rimarrà se tu non vorrai capire.

28 agosto 1944

Mi sembra di sognare: ancora qui dopo tante sofferenze[,] tante vicende, ancora qui a questo mio tavolo di lavoro, in questa stanzetta che per tanto tempo ho creduto distrutta.

Ridire le giornate trascorse è un’impresa ardua, lunghe giornate di terrore e di ansie e ancora più lunghe notti durante le quali sembrava impossibile rivedere l’alba. Segn[al]erò le giornate più degne di nota. 3 agosto: 1° giorno di emergenza13Il 3 agosto 1944 è dichiarato lo stato di emergenza, violente esplosioni riducono in macerie i ponti, le strade e i palazzi intorno a Ponte Vecchio.. Dopo aver già sentite vicine le prime battaglie violente per la liberazione di Firenze, ecco che il 3 pomeriggio alle ore 15 viene proclamata l’emergenza[.] Ricordo con quale batticuore andai a prendere l’acqua per paura di non poter più uscire[,] mentre i rombi del cannone si avvicinavano lugubri e mettevano il terrore nel sangue. L’emergenza è durata 15 lunghi giorni, durante i quali è impossibile descrivere quello che abbiamo sofferto di paura e anche fame per mancanza di qualsiasi distribuzione di cibi. Le notti, incubo senza nome, sono passate tutte uguali, senza nemmeno coricarsi, sopraffatti dal rombo della battaglia e dal fischiare dei proiettili che passavano come razzi sopra i nostri tetti. La notte più tremenda è stata quella quando la nostra casa è stata investita da raffiche di mitraglia. E poi ancora le scosse violente come un terremoto, il salto dei ponti sull’Arno[,] e quelle ancora più violente quando saltarono i ponti sul Mugnone14Affluente dell’Arno che attraversa la città di Firenze. I ponti sul Mugnone sono minati e fatti saltare dall’esercito tedesco in ritirata il 10 agosto del 1944., e tante ore di terrore che ricordo e non so dire[,] ma che non si cancelleranno mai dalla mia mente. Quando la mattina del 18 ci dissero che gli ultimi tedeschi se ne erano andati[,] ci sembrò di respirare, ma dopo la fine dell’emergenza la situazione non è migliorata e tuttora rimane pericolosa e snervante. Anche in questo momento il cannone spara ininterrottamente e mi dà dei colpi sordi nella testa. Voglio ricordare la tremenda notte fra il 18 e il 19. In nessun momento della guerra ho provato uno spavento simile. Fummo svegliate da un sonno di stanchezza verso le undici e mezzo da un fragore immane, cannonate una dietro l’altra ininterrottamente il rumore assordante di vetri spezzati e tegole che piovevano da tutte le parti. Non so come trovammo la forza di scendere mezze nude e tremanti nel rifugio, mi tremavano le gambe nello scendere le scale, non so dove trovai la forza. Il nostro stabile fu colpito in due punti, sulla facciata e su di un lato, fortunatamente nessuna vittima. Scrivo succintamente fatti che richiederebbero pagine e pagine, ma nel rileggere queste poche righe anche fra vent’anni ricorderò quello che abbiamo passato. E ancora non è finita.

La mattina del 19, mentre ci accingevamo a lasciare la casa, la povera mamma [dovevamo] trascinarla via tremante per metterla al sicuro, si parò dinanzi a noi come in una visione mio cognato, il caro Corrado del quale non avevamo notizia da ben 13 mesi. Ridire la nostra commozione e soprattutto quella di mia sorella è inutile. Con lui ci sentimmo subito più sicure e ci recammo al Collegio fiorentino15Uno dei collegi più quotati di Firenze, del quale Corrado Corradini, nipote del senatore Enrico Corradini, era comproprietario insieme ai fratelli [nota dell’autrice]. in piazza della Vittoria. Ma anche là la sicurezza era relativa, anche là abbiamo avuto uno spavento terribile la mattina del 20, domenica che non si può descrivere. Colpi di mortaio continuavano a battere la città per ben tre ore consecutive[:] vicino al Collegio e nel giardino ne caddero almeno 15. È così che la mattina del 22 abbiamo deciso di venire in centro, benché anche qui i colpi arrivino senza tanti complimenti. Ora ci troviamo in casa della zia. Vita meschina e di sacrifici, in casa d’altri, coricarsi vestiti, fare lunghe ore di coda per un cavolo o un chilo di pere dure come il legno, tirare su faticosamente l’acqua per i bisogni giornalieri, mangiare poco e male, sentire nello stomaco il vuoto, nel cuore il freddo ed intorno desolazione e rovine. E ancora non è finita, le cannonate sono così forti e vicine che ogni volta faccio uno scossone, ho il cervello vuoto, non so più pregare, non so più pensare, vorrei che il cannone tacesse e basta16Firenze è liberata l’11 agosto del 1944.. Mi sono affacciata alla finestra, per Firenze c’è un’animazione insolita, i negozi mezzi aperti e mezzi chiusi, le piazze gremite di automezzi dell’esercito alleato, le strade piene di soldati che salgono sulle rovine di Por Santa Maria17Strada nel centro della città di Firenze con edifici antichi minati dall’esercito tedesco e rasi al suolo.. Che stretta al cuore quando la vidi la prima volta e come sono stata in pena per questa stanzetta, ma Gesù me l’ha salvata. Chissà se ci salveremo fino in fondo, chissà se rivedrò il mio caro, chissà cosa saprà dell’Italia, chissà cosa penserà. Il mio pensiero lo cerca in ogni momento e ora più di sempre lo vorrei qui.

18 settembre 1944

Il cannone tace da una decina di giorni e il 13 scorso siamo finalmente tornati a casa dopo un’assenza di circa 20 giorni, in questo preciso momento è tornata la luce. Dio sia lodato! Qualcosa ricomincia a funzionare delle nostre belle e sante comodità distrutte. Ho ripreso a lavorare ma questo lavoro non mi piace, chissà come andrà! Non ne sono soddisfatta.

26 ottobre 1944

Come avevo supposto il lavoro è andato male. Peccato perché era una fonte di guadagno che in questo momento mi faceva comodo. Sono stata costretta a vendere la macchina fotografica. Un vero dolore, ma era l’unico oggetto che poteva fruttarmi una certa sommetta indispensabile per la spesa di questo periodo di pazzia. Sembra di essere in un mondo di allucinati, tutto ha il valore di fogli da mille. Un’accomodatura di scarpe costa 400 lire, calze non si trovano a meno di 400 lire, stoffe che fanno pietà 500 lire al metro. Se si va poi ai generi alimentari è un miracolo se vi possiamo far fronte. Si parla di farina di granturco a 80 lire il kg, olio a 2.300 lire al fiasco. Il carbone ora indispensabile hanno il coraggio di venderlo fino a 35 lire il kg. I soldi se ne vanno, il lavoro è fermo, i clienti non pagano.

Cerco di non pensare troppo a lui per non impazzire. Prego S. Rita. Stamani non ho potuto fare la Comunione perché sono stata due ore e un quarto in coda per prendere un kg di patate. Da non crederci! E questa solitudine mi pesa sempre di più.

  • 1. Firenze è occupata dall’esercito tedesco l’11 settembre 1943.
  • 2. Maria Alemanno indica quindi con l’avverbio «qui» il luogo in cui lei si trova, la ditta, quando scrive il suo diario.
  • 3. Il 25 luglio del 1943, con la caduta del fascismo, assume la direzione del governo il maresciallo Pietro Badoglio che guida i successivi governi antifascisti, fino alla liberazione di Roma del giugno del 1944. L’autrice si riferisce alla «fuga» di Badoglio, del re, della corte e degli alti comandi, all’alba del 9 settembre 1943, da Roma verso Brindisi dove trovano la protezione degli angloamericani.
  • 4. Mussolini, con la caduta del regime fascista, su ordine del re Vittorio Emanuele III viene arrestato e inviato prima all’isola di Ponza, poi a Campo Imperatore in Abruzzo da dove sarà liberato il 12 settembre 1943 dall’esercito tedesco.
  • 5. Cugina del fidanzato, impiegata in una ditta di Milano[,] sfollata a Firenze per motivi bellici [nota dell’autrice].
  • 6. Dopo la liberazione da Campo Imperatore del 12 settembre 1943, Benito Mussolini ricostituisce il Partito fascista e la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale; scioglie ufficiali e soldati dal giuramento al re, riunisce il Governo della Repubblica Sociale Italiana con sede a Salò.
  • 7. La donna è mobile, film del 1942 di Mario Mattoli.
  • 8. Espressione familiare in cui «buccia» equivale a «pelle».
  • 9. Girate: giri, passeggiate.
  • 10. Prato è una città distante circa 20 chilometri da Firenze.
  • 11. Il 4 giugno 1944 l’esercito alleato entra a Roma.
  • 12. Si tratta della Società Metallurgica Italiana (SMI), fondata a Firenze nel 1886.
  • 13. Il 3 agosto 1944 è dichiarato lo stato di emergenza, violente esplosioni riducono in macerie i ponti, le strade e i palazzi intorno a Ponte Vecchio.
  • 14. Affluente dell’Arno che attraversa la città di Firenze. I ponti sul Mugnone sono minati e fatti saltare dall’esercito tedesco in ritirata il 10 agosto del 1944.
  • 15. Uno dei collegi più quotati di Firenze, del quale Corrado Corradini, nipote del senatore Enrico Corradini, era comproprietario insieme ai fratelli [nota dell’autrice].
  • 16. Firenze è liberata l’11 agosto del 1944.
  • 17. Strada nel centro della città di Firenze con edifici antichi minati dall’esercito tedesco e rasi al suolo.
Numero di catalogo:
  • Numéro: XX003
  • Lieu: Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, Arezzo, Toscane
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