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L'Angelo della prigione

Autore : 
NÉEL Blanche
Racconto raccolto da Etienne Marie-Orléach
Edizione critica, presentazione e note di Etienne Marie-Orléach

Blanche Néel redige questo breve testo nei mesi che seguono la liberazione della Normandia. La sua testimonianza si trova oggi negli archivi del Mémorial di Caen, catalogata sotto la sigla TE 201. L’Angelo della prigione è un titolo che abbiamo dato noi al racconto, riprendendo semplicemente alcune parole di Blanche Néel.

Sono stata arrestata il 3 febbraio 1944 a Mortain, al posto di mio marito che era riuscito a darsi alla fuga quando gli agenti della Gestapo si erano presentati al nostro domicilio provvisorio1Fin dall’inizio del 1944 gli arresti si moltiplicano, specialmente nella Manche. Solo per questo dipartimento, nei primi mesi dell’anno, si registrano 634 arresti. Varie retate sono messe in atto con lo scopo di annientare la Resistenza.. Fui prima imprigionata a Saint-Lô, poi trasferita, quarantott’ore più tardi, alla prigione di Caen.

La mia prima cella, di cui ho dimenticato il numero, era vicina a quella della guardiana tedesca ed era stata occupata dalla Sig.ra Desbouts, della quale ho preso il posto.

Ho avuto per compagne di prigionia: una ragazza olandese, la Sig.na Dreabeck, la Sig.ra Caby di Villers-Bocage e una giovane polacca di cui ho dimenticato il nome. In seguito la guardiana mi ha fatto spesso cambiare cella, ma ho avuto la consolazione di restare quasi sempre con la Sig.na Dreabeck.

La Sig.ra Caby è stata liberata nell’aprile 1944, ma suo marito è stato fucilato il 6 giugno 1944 nella prigione di Caen2Jean Caby, alias Émouchet, membro della rete Alliance della Resistenza, è arrestato il 17 marzo 1944 da ausiliari francesi della Gestapo. Il 6 giugno 1944 il servizio di sicurezza della polizia tedesca, tramite il suo capo Harald Heynz, ordina l’esecuzione, a titolo «preventivo», dei detenuti della prigione di Caen. La prigione conta allora tra le sue mura un centinaio di uomini e una ventina di donne. Temendo che possano cadere nelle mani degli alleati, poiché la città si trova soltanto a una dozzina di chilometri dalle spiagge dello Sbarco, le autorità tedesche elimineranno tra i 75 e gli 80 prigionieri..

Il 7 giugno, quando i tedeschi ci hanno liberato, hanno trattenuto la Sig.na Dreabeck che è stata deportata in Germania. È morta a Ravensbrück, il giorno stesso in cui il campo veniva liberato dalle truppe sovietiche3 La liberazione del campo ha luogo il 30 aprile 1945. Sulla fine di Dagmar Dreabeck, Antony Beevor propone queste stesse informazioni: A. BEEVOR, D-Day et la bataille de Normandie, Paris, Calmann-Lévy, 2009, p. 183..

Il 6 giugno, mentre ero di corvée ai servizi, ho visto in un corridoio una donna francese, sorretta da due soldati tedeschi. Quasi senza forze, mi disse: «stanno per fucilarmi»4 Frase sottolineata nel testo da Blanche Néel.. Fu trascinata verso il cortile dove i tedeschi giustiziavano i prigionieri. La donna, di cui ignoro il nome, doveva abitare in rue d’Auge a Caen. Sarebbe stata, a quanto diceva, in relazione con un agente della Gestapo.

P.S5 Inseriamo qui questo post-scriptum (che Blanche Néel mette alla fine del racconto) poiché apporta una serie di informazioni che completano quelle del paragrafo precedente.: Per quel che ne so, nel reparto femminile del carcere, i tedeschi non hanno radunato le donne che dovevano essere fucilate. Non le hanno messe in fila. Sembra piuttosto che le autorità della prigione abbiano scelto quelle che dovevano essere uccise andandole a cercare individualmente, una ad una, nelle loro celle. Ne trovo la prova nel fatto che ho incontrato una sola donna che veniva condotta a morire. Ci è stato detto che due o tre donne erano state fucilate; non ho potuto averne conferma.

Quella che ho visto aveva detto in precedenza a dei prigionieri: «Sono stata arrestata per errore. Non sono preoccupata. Non rimarrò qui a lungo, sto con uno della polizia tedesca, della Gestapo. È andato “in permesso” in Germania alcuni giorni fa. Al ritorno, mi farà certamente liberare».

Ci sono buone ragioni per pensare che il tedesco della Gestapo aveva commesso un errore o un atto maldestro, era stato richiamato in Germania, la sua amante era stata arrestata e poi «soppressa», perché forse temevano che avesse raccolto da lui qualche confidenza…

Dopo le esecuzioni la guardiana tedesca, senza dare ovviamente spiegazioni, ci ha offerto gli effetti personali di quella donna. Noi li abbiamo, sia ben chiaro, rifiutati.

Non ho visto le esecuzioni ma, come le altre prigioniere, la mattina ho sentito degli spari che sono ripresi la sera, all’incirca verso le 16 o le 17 (ci avevano preso gli orologi…)6Fin dalle prime ore della mattina, verso le 8, i prigionieri sono condotti a piccoli gruppi nei cortili della passeggiata e qui sono spietatamente fucilati. Le esecuzioni riprenderanno all’inizio del pomeriggio.. Dopo le ultime scariche, la sera, siamo riuscite, io e la Sig.na Dreabeck, ad aprire una finestrina e a guardare nel cortile dove avevano avuto luogo le esecuzioni. Abbiamo visto dei soldati tedeschi, sotto la sorveglianza di un graduato, lavare abbondantemente con l’acqua un muro e un canaletto di scolo per far sparire le tracce di sangue. Il graduato, alzando gli occhi, ci ha scorte e ha urlato delle parole che non abbiamo ben capito. Com’è ovvio, ci ordinava di chiudere la finestra e di sparire.

Durante le esecuzioni i condannati non hanno gridato, ad eccezione di uno solo. Un uomo condotto nel cortile – forse nel vedere i corpi dei compagni già uccisi – ha urlato con una povera voce disperata: «Oh! No! No! Mia moglie, i miei figli… i miei figli». E poi c’è stata una rapida scarica...

La sera, la guardiana tedesca ha aperto le porte delle nostre celle. La donna, che si comportava in modo assolutamente mostruoso con le prigioniere, appariva in quel momento pallida e visibilmente terrorizzata.

La mattina ci aveva detto con arroganza, ma anche con un certo tremolio nella voce: «Il nemico è sbarcato sulle coste, ma è stato respinto...» La sera, con un atteggiamento quasi garbato, ci restituì qualche effetto personale sottolineando: «L’esercito tedesco è onesto.»

Apprendevamo allora dal «telefono» delle prigioni, da parole bisbigliate nei corridoi, che lo Sbarco aveva avuto luogo. Udivamo del resto i colpi d’artiglieria, i bombardamenti e l’immenso tumulto della battaglia tanto vicina. Nel pomeriggio, un’agitazione che rasentava il panico era regnata nella prigione. I tedeschi traslocavano documenti d’archivio e fascicoli. Erano senza dubbio presi dal terrore. Il pasto di mezzogiorno era stato distribuito molto tardi. Il pasto della sera non fu distribuito, poiché, aperte le porte delle celle, ci condussero nella rotonda della prigione (il cui tetto è una cupola a vetri). Ci disposero faccia al muro attorno alla rotonda, col divieto di parlare. Abbiamo vissuto lì delle ore di atroce angoscia. La Sig.na Dreabeck recitava a bassa voce una litania, le prigioniere rispondevano alle sue invocazioni.

La sera, non so dire con precisione l’ora esatta, Caen subì un bombardamento di una violenza terrificante7 La città di Caen subisce il 6 giugno 1944 molteplici bombardamenti di un’estrema durezza. Il primo sopraggiunge a metà della giornata e colpisce principalmente i quartieri Saint-Jean e Vaucelles. Siccome i due quartieri sono abbastanza lontani dalla prigione, questo bombardamento non è menzionato dall’autrice. Verso le 16:25 Caen è nuovamente bersaglio dei bombardamenti alleati. Il centro della città è allora raso al suolo. Fin dalle prime ore del 7 giugno 1944 la capitale normanna subisce un nuovo attacco aereo. Più di 700 civili perderanno la vita a Caen in queste due giornate di giugno.. Ci fecero scendere, con guardiana e guardiani armati, in una specie di cantina, illuminata da una lanterna. C’era un po’ di paglia. Fummo autorizzate a sederci. Vennero portati nella cantina alcuni uomini – dei prigionieri. Uno di loro ci disse: «Ci hanno condotti alla stazione dei pullman per farci prendere gli autobus... Probabilmente volevano portarci tutti in Germania8L’ultimo convoglio di prigionieri partito da Caen, il 20 maggio 1944, fu avviato verso Compiègne e poi verso la Germania. Infine l’evacuazione totale della prigione ebbe luogo la mattina del 7 giugno.. Abbiamo manomesso quei f... motori9Parola solo accennata perché considerata troppo volgare. Supponiamo si tratti dell’aggettivo «fottuti».. Non partiranno».

I bombardamenti non cessavano, il rumore dei combattimenti durò tutta la notte.

Nella tarda serata abbiamo sentito, in lontananza, delle scariche di armi automatiche. I prigionieri hanno detto: «Sono dei mitra, arrivano gli inglesi.» Anche i tedeschi sentivano e la nostra guardiana, pensando di sicuro che rischiava di essere fatta a sua volta prigioniera, era diventata garbata!!

Verso le 4 del mattino, ci fecero risalire al piano terra e mettere in fila per due nel corridoio. Le porte si aprirono. Offrivo il braccio alla Sig.na Dreabeck, che pregava ad alta voce. Fecero segno di avanzare verso il cortile, verso la strada... La guardiana tedesca si teneva vicino all’ultima porta e stringeva le mani sorridendo.

Quando io e la Sig.na Dreabeck le siamo arrivate davanti, lei ha preso la Sig.na Dreabeck per il braccio dicendo: «Voi, di qua.» Ebbi soltanto il tempo di abbracciare quell’ammirevole ed eroica ragazza – una santa – che non avrei, ahimé, più rivisto.

Perché la Sig.na Dreabeck era olandese, la guardiana non ha voluto ridarle la libertà in Francia? Non credo. Penso piuttosto che la guardiana stesse esercitando un’ultima e odiosa vendetta. La Sig.na Dreabeck parlava correntemente il tedesco. Con uno straordinario coraggio sosteneva, in ogni occasione, la difesa dei prigionieri, esprimeva lamentele e protestava contro gli odiosi metodi della guardiana.

Costei doveva detestare una ragazza così, che apparteneva alla nobiltà olandese (era imparentata con la famiglia reale) e la cui signorilità si manifestava perfino nella miseria delle nostre celle. Essa odiava anche la forza morale, il coraggio di una prigioniera che, nell’estrema indigenza, senza potere, senza autorità, osava parlare in nome della giustizia. Per questo motivo la guardiana ha deciso di farla inviare verso altre prigioni e verso la Germania. Ho saputo che lungo il percorso la Sig.na Dreabeck aveva tentato di scappare saltando da un camion, ma che era stata raggiunta dai suoi guardiani. Se rendiamo un pio omaggio ai fucilati della prigione di Caen, è necessario associarvi l’omaggio che merita Dagmar Dreabeck, colei che nelle nostre celle chiamavamo «l’Angelo della prigione»10 Dagmar Dreabeck nacque nel 1906 a Maastricht, nei Paesi Bassi. Il Livre mémorial des victimes du nazisme dans le Calvados ci informa che Dagmar Dreabeck (Driebeck nel libro) è un’ebrea olandese rifugiata nella Manche. I tedeschi l’arrestano il 23 febbraio 1944 a Vergoncey, vicino ad Avranches, la imprigionano qualche mese a Caen, poi la deportano in Germania «in auto con un signore e due signore». Tale informazione è presente nella sua scheda personale depositata a Caen presso il Bureau des Archives des Victimes des Conflits Contemporains – Ufficio degli Archivi delle Vittime dei Conflitti Contemporanei – del Ministero della Difesa). Entra l’11 agosto 1944 nel campo di concentramento di Ravensbrück (cfr. J. QUELLIEN (a cura di), Livre mémoria l des victimes du nazisme dans le Calvados, Caen, Conseil Général du Calvados, Direction des archives départementales, 2004, p. 73)..

P.S. : La guardiana tedesca abitava a Stuttgart prima della guerra.

  • 1. Fin dall’inizio del 1944 gli arresti si moltiplicano, specialmente nella Manche. Solo per questo dipartimento, nei primi mesi dell’anno, si registrano 634 arresti. Varie retate sono messe in atto con lo scopo di annientare la Resistenza.
  • 2. Jean Caby, alias Émouchet, membro della rete Alliance della Resistenza, è arrestato il 17 marzo 1944 da ausiliari francesi della Gestapo. Il 6 giugno 1944 il servizio di sicurezza della polizia tedesca, tramite il suo capo Harald Heynz, ordina l’esecuzione, a titolo «preventivo», dei detenuti della prigione di Caen. La prigione conta allora tra le sue mura un centinaio di uomini e una ventina di donne. Temendo che possano cadere nelle mani degli alleati, poiché la città si trova soltanto a una dozzina di chilometri dalle spiagge dello Sbarco, le autorità tedesche elimineranno tra i 75 e gli 80 prigionieri.
  • 3. La liberazione del campo ha luogo il 30 aprile 1945. Sulla fine di Dagmar Dreabeck, Antony Beevor propone queste stesse informazioni: A. BEEVOR, D-Day et la bataille de Normandie, Paris, Calmann-Lévy, 2009, p. 183.
  • 4. Frase sottolineata nel testo da Blanche Néel.
  • 5. Inseriamo qui questo post-scriptum (che Blanche Néel mette alla fine del racconto) poiché apporta una serie di informazioni che completano quelle del paragrafo precedente.
  • 6. Fin dalle prime ore della mattina, verso le 8, i prigionieri sono condotti a piccoli gruppi nei cortili della passeggiata e qui sono spietatamente fucilati. Le esecuzioni riprenderanno all’inizio del pomeriggio.
  • 7. La città di Caen subisce il 6 giugno 1944 molteplici bombardamenti di un’estrema durezza. Il primo sopraggiunge a metà della giornata e colpisce principalmente i quartieri Saint-Jean e Vaucelles. Siccome i due quartieri sono abbastanza lontani dalla prigione, questo bombardamento non è menzionato dall’autrice. Verso le 16:25 Caen è nuovamente bersaglio dei bombardamenti alleati. Il centro della città è allora raso al suolo. Fin dalle prime ore del 7 giugno 1944 la capitale normanna subisce un nuovo attacco aereo. Più di 700 civili perderanno la vita a Caen in queste due giornate di giugno.
  • 8. L’ultimo convoglio di prigionieri partito da Caen, il 20 maggio 1944, fu avviato verso Compiègne e poi verso la Germania. Infine l’evacuazione totale della prigione ebbe luogo la mattina del 7 giugno.
  • 9. Parola solo accennata perché considerata troppo volgare. Supponiamo si tratti dell’aggettivo «fottuti».
  • 10. Dagmar Dreabeck nacque nel 1906 a Maastricht, nei Paesi Bassi. Il Livre mémorial des victimes du nazisme dans le Calvados ci informa che Dagmar Dreabeck (Driebeck nel libro) è un’ebrea olandese rifugiata nella Manche. I tedeschi l’arrestano il 23 febbraio 1944 a Vergoncey, vicino ad Avranches, la imprigionano qualche mese a Caen, poi la deportano in Germania «in auto con un signore e due signore». Tale informazione è presente nella sua scheda personale depositata a Caen presso il Bureau des Archives des Victimes des Conflits Contemporains – Ufficio degli Archivi delle Vittime dei Conflitti Contemporanei – del Ministero della Difesa). Entra l’11 agosto 1944 nel campo di concentramento di Ravensbrück (cfr. J. QUELLIEN (a cura di), Livre mémoria l des victimes du nazisme dans le Calvados, Caen, Conseil Général du Calvados, Direction des archives départementales, 2004, p. 73).
Numero di catalogo:
  • Numéro: TE201
  • Lieu: Mémorial de Caen
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